di Ylenia Musolino
Immigrazione, lavoro regolarizzato, sicurezza e integrazione. Argomenti che dividono l’opinione pubblica. Il nostro Paese vive un momento difficile, se pensiamo ai continui sbarchi sulle coste siciliane ma anche la nostra regione ha attraversato momenti delicati, specie dopo quanto successo a Rosarno. Presso l’Ufficio Territoriale del Governo abbiamo incontrato il prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta che si è soffermato sui principali problemi di questo fenomeno e sulle possibili soluzioni. Il dott. Varratta ci ha spiegato a chi tocca l’arduo compito dell’integrazione degli immigrati, come la Prefettura si stia muovendo in tal senso e ha parlato di tutto ciò che riguarda le attrezzature presenti sul territorio. Un altro importante argomento che ha fatto da sfondo alla nostra intervista, inoltre, è stato quello delle cause dei maggiori problemi che si verificano nella provincia reggina per via di questo fenomeno.
È stato siglato di recente un protocollo d’intesa per quanto riguarda l’integrazione degli immigrati, di cosa si tratta esattamente?
“Il protocollo è stato stipulato con il Dirigente Scolastico provinciale per l’apprendimento della lingua italiana da parte degli extracomunitari a seguito di una serie di riunioni con i rifugiati che richiedono asilo politico. Nella nostra provincia ci sono 2 o 3 comuni che non solo hanno accolto gli immigrati, ma li hanno introdotti nel mondo del lavoro e nella comunità. Questi, infatti, si sono ben inseriti anche svolgendo delle attività utili alla collettività: c’è chi ad esempio è divenuto artigiano o commerciante. Questo è stato un impatto migratorio molto positivo e la cosa più importante, che va sottolineata, è che quest’impatto è avvenuto in questa terra. Questo sta a dimostrare che la Calabria, nonostante le difficoltà, possiede tante risorse in grado di consentire una crescita sotto tutti i punti di vista. Con il Dirigente scolastico provinciale sono state individuate alcune scuole a Reggio e in provincia dove a questi immigrati viene insegnata la lingua italiana che consentirà loro di ottenere un premesso di soggiorno a lunga durata. Sempre sul fronte dell’immigrazione, in questo periodo, siamo in uno stato d’allerta per i migranti tunisini e libici che si stanno riversando sulle coste della nostra penisola. Abbiamo per questi attrezzato delle strutture d’accoglienza”.
Per quanto riguarda questi nuovi flussi migratori da parte degli abitanti libici e tunisini, il territorio reggino è attrezzato?
“Nel territorio reggino non abbiamo grandi strutture che possano ospitare migliaia di immigrati. Il centro più grosso in Calabria si trova a Crotone”.
Sono 58.000 gli stranieri che vivono in Calabria, di cui il 34% nella provincia reggina. Con quali politiche la Prefettura può far fronte a questo problema dell’integrazione degli immigrati?
“Come sviluppo futuro, il ruolo più importante per l’integrazione lo rivestono gli Enti territoriali: Regione, Provincia, Comune. È soprattutto la Regione che deve adottare politiche sociali di inserimento e di integrazione. Noi, come Prefettura, abbiamo un controllo sulle loro condizioni e sulla presenza dei requisiti richiesti dalla legge affinché gli immigrati rimangano qui e possano lavorare. Dobbiamo anche controllare che ai regolari vengano riconosciuti tutti i diritti. Dobbiamo vigilare che abbiano un posto di lavoro e che abbiano i documenti in regola. Però per le politiche d’inserimento i protagonisti sono gli Enti locali. Spetta a loro questo arduo compito per agevolare l’integrazione. Noi tutti dobbiamo capire che queste persone non sono un peso, ma che possono a tutti gli effetti cooperare alle risorse.”
Lavoro a norma, lavoro regolare. Ci sono a Reggio buone speranze di trovare un lavoro regolare?
“Si, qui c’è spazio nel lavoro agricolo e in quelle attività che ormai i cittadini non vogliono più svolgere. In un recente sondaggio, abbiamo rilevato che sono stati stipulati molti più contratti regolari dell’anno scorso. È un dato importante perché finalmente le nostre aziende hanno iniziato a lavorare in maniera del tutto legale. Qualcosa rispetto allo scorso anno si è mosso soprattutto per quanto riguarda Rosarno e la maggior parte dei paesi della provincia. Fortunatamente il lavoro c’è, anche se gli immigrati sono tanti”.
Rosarno: molti pensano che questi fenomeni si siano verificati a causa dei prezzi delle arance che erano ridotti ai minimi storici. Lei pensa che il problema di questo paese sia dovuto a fattori economici o per lo più socio-culturali?
“A Rosarno c’era un intero sistema illegale, pur non essendoci collegamenti con la criminalità organizzata, per quanto riguarda questa questione. Lì purtroppo ha inciso la normativa dell’Unione Europea. È stato deciso, infatti, che il contributo della raccolta degli agrumi dovesse essere rapportato non più al peso dei frutti, ma all’estensione del terreno. Con quel piccolo contributo gli agricoltori non potevano sostenere un compenso regolare per la raccolta degli agrumi. Tuttavia l’Unione Europea è stata costretta a riadattare la normativa a causa delle truffe sul peso delle arance. Secondo me, bisogna rilanciare questo settore con delle politiche agricole adatte, perché può davvero far girare l’economia.”