Il vescovo-giornalista di Locri-Gerace, Morosini, alla celebrazione per il 150° dell’Unità d’Italia

La ’ndrangheta si sconfigge con la cultura

Mons. Giuseppe Fiorini Morosini

LOCRI (Reggio Calabria) – “Ci sentiamo legati alla nostra patria e come credenti gioiamo di questa circostanza, consapevoli della nostra responsabilità, in nome anche della fede che professiamo, di essere costruttori della città terrena e perciò di dover essere cittadini leali nei confronti dello Stato, e, in quanto corresponsabili della formazione delle coscienze di altri cittadini, di dover includere l’educazione alla legalità e al rispetto delle Istituzioni come elemento necessario di questa formazione”.
Lo ha affermato mons. Giuseppe Morosini, vescovo-giornalista di Locri-Gerace, iscritto al Sindacato Giornalisti della Calabria ed all’Ucsi Calabria, durante la celebrazione diocesana in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
“Nell’ottica del mistero della morte e risurrezione di Cristo – ha aggiunto – noi non vogliamo solo celebrare e commemorare un passato, ma assumere la responsabilità di collaborare a costruire un futuro migliore e annunciare la speranza della possibilità di tale futuro. E lo facciamo con la specificità di annunziare una fede religiosa, che se pur guarda all’eternità, non si stanca di credere e di affermare di essere coinvolta nel tempo, nel quale deve offrire le ragioni della speranza, che la Chiesa trova proprio nel mistero della morte e risurrezione di Cristo”.
Per mons. Morosini, in occasione di questo anniversario “sono state scritte tante cose per comprendere e illustrare l’avvenimento. Non sono mancate le ricostruzioni storiche e i giudizi espressi, naturalmente posti su fronti opposti, derivanti alcune volte da preconcetti ideologici. E ciò anche in riferimento alla Chiesa e ai contrasti sorti proprio nella circostanza dell’unità e degli anni futuri. Lasciamo agli storici la chiarificazioni delle ragioni dell’una e dell’altra parte”.
La Chiesa cattolica, ha spiegato, si è inserita “molto bene nel tessuto dell’Italia una ed i cattolici hanno dato un grandissimo ed insostituibile contributo alla storia di questi 150 anni. Ecco perché noi, che viviamo questo momento storico, vogliamo trasformare questa nostra celebrazione in un momento di riflessione su ciò che la nostra Chiesa diocesana può svolgere su questo nostro territorio, e di preghiera a Dio perché i problemi dalla nostra terra possano essere risolti, anche con il nostro contributo”.
Mons. Morosini ha sottolineato la “nostra lealtà nei confronti delle istituzioni e l’offerta di collaborazione per tutto ciò che può essere di aiuto per la crescita del nostro territorio, naturalmente secondo le nostre competenze. Noi siamo consapevoli del nostro ruolo e del nostro peso per la formazione delle coscienze, ed è a questo livello che noi vogliamo impegnarci per far crescere la gente, partendo direttamente da una crescita religiosa per arrivare poi ad una crescita morale, sociale, civile ed anche economica”.
“I mali più gravi del nostro territorio – ha precisato – sono legati ad un tipo di cultura che possiamo sconfiggere solo con un impegno comune per la formazione della coscienze, soprattutto quelle dei ragazzi e dei giovani”. Il presule si è, quindi, soffermato sul tema dell’emergenza educativa facendo appello a non chiudere le scuole materne ed elementari nei piccoli centri: “Non possono valere i criteri generali dei grandi centri, basati sui numeri. Togliere da un piccolo centro le scuole per l’infanzia significa condannare questi centri allo spopolamento”.
“Per amore a questo nostro territorio – ha aggiunto – e per dovere morale ancora una volta come comunità di credenti noi ci opponiamo e condanniamo ogni forma di violenza e di associazione criminale, grati sempre alla magistratura e alle forze dell’ordine per il lavoro di vigilanza e di repressione”.
Il fenomeno della criminalità, ha detto rivolgendosi ai sindaci presenti, “non si sconfigge solo con la repressione e con l’educazione che tende a prevenire. Se manca l’azione politica tutto si vanifica. Se manca una progettualità condivisa tra tutti voi e per tutto il territorio della Locride, non si riuscirà mai a venir fuori dai nostri mali”.
Una progettualità che guardi ad uno sviluppo “che crei lavoro e freni l’emigrazione; uno sviluppo che tenga conto delle reali potenzialità del territorio, facilmente rintracciabili nell’agricoltura, nel turismo, nella valorizzazione del patrimonio storico e archeologico”.

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