Il figlio del premier libico accusa i servizi segreti - Già arrestati 20 giornalisti

Gheddafi jr: “Boicottano la mia tv satellitare”

Seifulislam Gheddafi

LONDRA – Il canale televisivo satellitare “al-Mutawassit”, che fa capo a Seifulislam Gheddafi, ha accusato i servizi segreti libici di sabotaggio.
In una nota ripresa dal quotidiano arabo “al-Hayat”, l’emittente televisiva considerata la voce del figlio del leader libico Muammar Gheddafi, ha accusato l’intelligence di Tripoli di “perpetrare azioni finalizzate a sabotare la messa in onda del segnale dell’emittente. Si tratta di atti di pirateria senza precedenti che si ripetono da due mesi e che sono aumentati nelle ultime 24 ore creando problemi alla trasmissione satellitare”.
Secondo il giornale arabo queste azioni di sabotaggio contro il canale tv “al-Mutawassit” sarebbero iniziate circa due mesi fa, con l’avvio di una campagna repressiva delle autorità libiche nei confronti dei giornali che facevano capo alla società editoriale “al-Ghad”, di proprietà di Seifulislam, che hanno portato all’arresto di 20 dei suoi giornalisti.
Si legge ancora nella nota che “la società britannica che ospita la nostra emittente sul suo satellite ha più volte provato a cambiare frequenza del canale subendo sempre le stesse azioni di sabotaggio”.
La tv “al-Mutawassit” aveva avviato delle trasmissioni di prova lo scorso agosto mandando in onda sia serial tv che trasmissioni di approfondimento politico.

I dirigenti dell’emittente sono convinti che le azioni di sabotaggio partano dalla zona di Salahuddin di Tripoli dove si trova un centro tecnico dei servizi segreti libici.
Da settimane alcuni siti informativi libici parlavano di una possibile chiusura della tv satellitare che per diversi giorni è stata costretta a interrompere le sue trasmissioni, anche se non se ne conoscevano i motivi.
Questo episodio potrebbe rientrare nella guerra sotterranea che va avanti da mesi tra Seifulislam Gheddafi, a capo dell’unico gruppo editoriale privato del paese, che rappresenta la nuova guardia, e l’attuale establishment di Tripoli capeggiato dal premier Baghdadi Ali al-Mahmudi.

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