A Tabularasa si discute di informazione, più e meno libera, dal Maghreb alla Cina. Con lo sguardo alla Rete

“Internet? Un ascensore sociale che succhia pubblicità”

Marcello Foa

REGGIO CALABRIA – A Tabularasa, nella bella cornice del Circolo del tennis “Rocco Polimeni”, si discute anche di “Libertà e media dal Maghreb alla Cina. E’ internet l’ago della bilancia?”.
Ad approfondire i meandri del web con Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, Antonio Rossano, presidente dell’Associazione “Pulitzer” per la tutela dei diritti previsti dall’articolo 21 della Costituzione; Marcello Foa, direttore de “Il Giornale.it”; Alessandro Gilioli, giornalista de “L’espresso” (in video conferenza) e Simone Pieranni che vive in Cina dal 2006 ed è responsabile per l’Italia dell’agenzia di stampa “China files” (in video conferenza).
“Questa rassegna ha un merito particolare: certe discussioni sono all’ordine del giorno a Milano, a Roma, ma non a Reggio Calabria. La Calabria ha la possibilità di uscir fuori, grazie a questi eventi, e “riattaccarsi” all’Italia – ha esordito Antonio Rossano, alla guida dell’associazione Pulitzer che “propone la difesa e la tutela dei diritti previsti nell’ articolo 21 della Costituzione, con particolare riguardo alla tutela del diritto dei cittadini a manifestare il proprio pensiero in qualsiasi forma, alla tutela della libertà di stampa e degli altri mezzi di informazione che debbono essere liberi da censura o ogni altro tipo di autorizzazione”.
“La vostra esperienza in una regione poca conosciuta al Nord e con una reputazione macchiata dalla ‘ndrangheta è un elemento importante, di riscatto per la comunità – interviene Marcello Foa – . Molti dicono che le rivoluzioni in Egitto e in Tunisia sono frutto di internet e questo è, in parte, vero: su ogni avvenimento internazionale è facile stabilire un frame, una cornice, e ci si costruisce una storia. In questo caso, la rivoluzione in questi Paesi è stata raccontata dai giornalisti che, però, avrebbero dovuto riportare la realtà in maniera oggettiva e seria. Ho scoperto che le rivoluzioni in Egitto e Tunisia sono il simbolo di un malessere diffuso e radicato, ma in realtà, non sono state così spontanee come la versione ufficiale vuole farci credere. Non siamo di fronte a rivolte spontanee, ma indotte, che mirano a replicare nel nord Africa quanto avvenuto, alla fine degli anni Ottanta, nell’ex Unione Sovietica”.
Foa si sofferma, poi, sulle tecniche di comunicazione usate per fomentare le rivolte, utilizzate spesso da “una stampa incapace di delineare il quadro d’insieme” e sottolinea come “in tutte le rivoluzioni sono le forze armate a determinare l’esito delle rivolte popolari”.
Quindi, spazio al mondo di internet, un “ascensore sociale – lo definisce Rossano – che consente di acquisire culture e informazioni”.
“Ci sono 485 milioni di users cinesi su internet. Il Governo ha concepito internet come intranet per cercare informazioni sul paese. Per cercare informazioni su internet, finché si è dentro il Paese si può, quando si esce dalla Cina, non più – afferma Pieranni – . Gli users, certo, sanno trovare le scappatoie, ci sono modi per aggirare la censura, ma il potere del Governo è forte”.
“Internet rispetto a tv e radio ha un effetto diverso: crea una modificazione del sistema cognitivo: ci si abitua ad avere a che fare con la diversità di opinioni – chiude Gilioli – . In Germania c’è una chiusura più forte rispetto alla Cina: molti siti sono stati chiusi. L’Italia non è paragonabile al Maghreb e alla Cina, da noi c’è una rete libera, ma è pur vero che in Italia ci sono spinte affinché sia meno libera e i motivi sono due: politico ed economico. Il nostro è l’unico Paese a non avere un piano digitale ed è per questo che ci si collega male e lentamente alla Rete. C’è una arretratezza culturale da parte dei nostri politici, sia a destra che a sinistra, forse più grave per la sinistra. Internet sta succhiando molta pubblicità che prima andava in televisione: sta, quindi, diventando un pericolo”.

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