L’arcivescovo-giornalista Salvatore Nunnari contro la ”dilagante malattia dell’assuefazione”

“Ripartire da legalità e solidarietà”

Mons. Salvatore Nunnari

COSENZA – “Siamo tutti chiamati a costruire una morale comune che abbia in sé gli anticorpi contro la dilagante malattia dell’assuefazione ad una situazione che ha retaggi secolari e dinanzi alla quale tutti siamo chiamati a recitare un doveroso mea culpa. Ed allora insieme si crescerà, insieme si vinceranno le battaglie, ma solo se partiremo dai principi irrinunciabili della legalità e della solidarietà”. E’ quanto scrive mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano (giornalista iscritto al Sindacato dei giornalisti della Calabria ed all’Ucsi Calabria – ndr) in un intervento-riflessione sulla Calabria e su come la Chiesa può impegnarsi per la sua crescita e il suo sviluppo socia­le, culturale ed educativo, pubblicato sul settimanale “Parola di vita”.
“Ecco cosa vuole e può dire ancora la Chiesa alla Calabria – scrive il presule – senza alternarsi nell’urlo emergenziale di chi vuole anestetizzare le paure con marce (che in alcuni casi possono essere anche utili) ma puntando sull’educazione delle nuove generazioni affinché siano capaci di scel­te coraggiose nel campo della politica, del sociale e del bene comune”. Per mons. Nunnari “occorre parlarci, capirci, pensarci per trovare insieme la strada del riscatto per una terra che ha conosciuto e conosce la polvere delle cadute, ma che deve aspirare all’aria pura dei cieli più tersi. Quale vescovo di questa terra, devo mettermi in gioco sempre”.
“La Chiesa calabrese si deve proporre – prosegue il vescovo di Cosenza – oggi più che mai, come compagna e guida in questo viaggio comune di riscatto, partendo da un’analisi onesta e disinteressata del presente per indicare con concretezza il futuro che deve essere diverso”. Da più parti, infatti – spiega – nelle “nostre parrocchie, risuona forte il grido d’aiuto, di allarme e, purtroppo, anche di disperazione, di tanti calabresi e soprattutto di tanti giovani, prime vittime dell’attuale grave situazione economica e sociale; dinanzi a ciò, sentiamo il dovere di chinarci in ascolto delle esigenze della gente comune che, affranta, ha ancora però la forza di alzare gli occhi al Cielo, benché le mortificazioni subite forse la indurrebbero ad abbassare lo sguardo in segno di rassegnazione”.
Le parrocchie calabresi “sono sempre più centri di raccolta delle istanze primarie di un popolo che si sente troppo spesso abbandonato”. Ed è così che “si corre il rischio che il bisogno, la vera piaga della nostra terra, diventi il grimaldello della criminalità organizzata per attecchire, come gramigna, sul terreno fertile di una società che è viva e per molti versi migliore di quella di altre parti d’Italia”.

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