
Il museo Ayasofya (Xinhua) di Istanbul
ANKARA (Turchia) – Accusare qualcuno di essere “postmoderno” può costare in Turchia il carcere e una multa salata. Lo ha sperimentato Ismail Saymaz, giornalista del quotidiano Radikal, nei cui confronti il procuratore di Erzurum, Osman Sanal, ha avviato una procedura giudiziaria.
Il reporter ha usato incautamente l’aggettivo in un suo libro, riferendosi proprio al procuratore Sanal. Ora è accusato di aver dipinto un’immagine di Sanal come “vicino al jihad”, ma soprattutto “postmoderno e appartenente alla postmodernità”, come si legge nell’atto di accusa. Per questo, come riporta il sito del quotidiano Hurriyet, il procuratore di Erzurum, nell’Anatolia orientale, ha chiesto per Saymaz il carcere, oltre a settemila lire turche di danni (oltre 3.500 euro).
Il giornalista non è nuovo ai guai con la giustizia, visto che è coinvolto in 12 processi e rischia un totale di 97 anni di carcere. Gran parte delle cause avviate contro di lui hanno a che fare con Sanal, che Saymaz ha più volte attaccato per aver messo sotto processo il suo predecessore, Ilhan Cihaner, per un presunto collegamento con l’organizzazione sovversiva Ergenekon. Per Saymaz, ma anche per altri giornalisti e opinionisti, Cihaner sarebbe stato messo a processo perché indagava su alcune attività anti-laiche, in cui lo stesso Sanal sarebbe stato coinvolto.
A prescindere dal contesto specifico, il caso testimonia il clima in cui vive la stampa in Turchia. Nel suo ultimo rapporto sullo stato dei negoziati di adesione all’Unione Europea, la Commissione europea scrive che nel paese manca un quadro normativo idoneo a garantire la libertà di espressione. Almeno 40 giornalisti sono attualmente in carcere nel paese e aspettano di essere processati per accuse relative all’esercizio del loro mestiere.