Il presunto summit, a Messina, tra i clan di mafia, 'ndrangheta e camorra

Chi era il giornalista “da uccidere”?

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Ivano Granato (Calabria Ora)

CATANZARO – Il fascicolo relativo al presunto summit dei clan di mafia, ‘ndrangheta e camorra, in un casolare alla periferia di Messina, contro magistrati siciliani e calabresi e quello sul ritrovamento del bazooka a Reggio Calabria, si trovano nell’ufficio del procuratore di Catanzaro.
Da fonti vicine alla Procura catanzarese, il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo avrebbe già visionato la lettera anonima in cui si parla di un summit tra esponenti di mafie italiane che sarebbe avvenuto a Messina per programmare la nuova stagione delle stragi. Il documento è arrivato contemporaneamente anche alla Procura antimafia di Catania, competente per quel che riguarda i magistrati siciliani finiti nel mirino della criminalità organizzata.
La lettera, con tanto di timbro “riservato”, era stata recapitata due settimane fa alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta. Nel dettaglio, da quanto si apprende, si tratta di uno scritto anonimo in cui sono contenute presunte confidenze di un informatore che fa preciso riferimento a Messina «tra rappresentanti delle famiglie palermitane, uomini della Locride e un napoletano».
Gli esponenti delle diverse consorterie criminali si sarebbero riuniti per organizzare attentati contro alcuni magistrati impegnati nella lotta alla mafia. Nella lettera comparirebbero i nomi di Sergio Lari, procuratore capo di Caltanissetta, del procuratore aggiunto Domenico Gozzo e del sostituto Nicolò Marino, del pm campano Raffaele Cantone, per anni impegnati nella lotta al clan dei Casalesi e oggi magistrato della Corte di Cassazione.
Tra i magistrati finiti nel mirino delle consorterie, anche il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e il suo vice Michele Prestipino, già procuratore aggiunto a Palermo. L’Ufficio di procura del capoluogo calabrese – dal momento che spetta a Catanzaro la competenza nei procedimenti che vedono coinvolti magistrati in servizio nella città dello Stretto – avrà ora il compito di capire se il documento possa essere ritenuto o meno attendibile.
Lombardo dovrà poi assegnare anche l’indagine sul bazooka ritrovato qualche giorno fa a poche centinaia di metri dall’ufficio di Pignatone. Cresce la preoccupazione per il clima creato dalle minacce al procuratore generale reggino Salvatore Di Landro e al procuratore capo Giuseppe Pignatone. Una preoccupazione che, visto quanto dichiarato da Lombardo nel corso dell’audizione in Commissione antimafia, ha portato all’evidente cambio di rotta del procuratore, prima per nulla convinto della «militarizzazione» di Reggio, oggi invece persuaso che l’esercito nello Stretto rappresenti «una scelta doverosa».
Secondo l’anonimo, “durante il summit, il rappresentante dei “napoletani” avrebbe “esposto l’interesse a colpire” il magistrato Raffaele Cantone, uno dei simboli della lotta ai Casalesi, che oggi è in Cassazione. Secondo la stessa fonte, Cantone era stato già pedinato a Roma. I boss palermitani caldeggiavano, invece, la richiesta fatta da un “amico avvocato” siciliano, con interessi a Locri, per “uccidere un giornalista”. Tutti i partecipanti al summit, infine, si sarebbero trovati d’accordo nel colpire Sebastiano Ardita, magistrato in servizio al Dap: “Si occupa del 41 bis”, è scritto nel documento.

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