Nel 2011 la Fnsi ricorda i 100 anni del primo contratto di lavoro giornalistico

Senza stampa non c’è democrazia

Camillo Galba

Camillo Galba (presidente Associazione Stampa dell’Emilia Romagna)

Conselice, con la sua piazza e il suo monumento, suscita sempre un’emozione particolare, dà un impulso straordinario a battersi per un diritto irrinunciabile: il diritto alla libertà e alla democrazia. Democrazia che non sarà mai compiuta finché vi saranno limitazioni alla libertà di stampa e al diritto sacrosanto dei cittadini di sapere e di essere informati.
Quel pluralismo dell’informazione che si è andato via via consolidando negli anni, proprio a partire dall’Unità d’Italia, oggi rischia di essere soffocato da una serie di provvedimenti legislativi che da una parte puntano a mettere il bavaglio ai giornalisti e dall’altra cercano di minare la solidità finanziaria delle imprese, spesso già di per sé precaria. Con i tagli di Tremonti e la manovra sulle tariffe postali, decine e decine di giornali no profit, cooperative di idee e di partito, emittenti locali, piccoli periodici vengono affossati. E proprio l’Emilia Romagna sta pagando un prezzo molto alto: è stata annunciata, a partire dal 15 ottobre, la chiusura della redazione bolognese dell’Unità, “Il Bologna”, quotidiano del gruppo EPolis, ha cessato le pubblicazioni, decine di colleghi devono sopportare il peso della cassa integrazione.
E come se ciò non bastasse, il presidente del Consiglio rilancia il ddl sulle intercettazioni, quel provvedimento che, facendo un uso distorto e strumentale del diritto alla privacy, pone una serie di divieti alla libera pubblicazione delle notizie, che di fatto cancella la cronaca giudiziaria e il sacrosanto diritto ad essere informati correttamente. Il presidente del Consiglio sappia che il Sindacato dei Giornalisti, insieme alla società civile, è pronto a riprendere la lotta che già nell’estate scorsa ha impedito che si facesse scempio della democrazia.
Siamo pronti a tornare in piazza, come abbiamo fatto la notte del primo luglio scorso a Conselice, perché la pedalina del monumento alla libertà di stampa non rappresenta solo il giusto omaggio a chi ha sacrificato la propria vita per la libertà e la democrazia, ma è anche il simbolo di chi crede nella forza delle idee e degli ideali, una forza che è insita nei valori che il monumento rappresenta, una forza che non potrà mai essere eliminata per legge. Ed è per questo che l’Aser chiede che il 1° ottobre venga proclamato giornata nazionale per la libertà di stampa.
Certo, noi giornalisti abbiamo il dovere di informare correttamente, di dare le notizie e non di montare campagne contro Tizio e contro Caio, come purtroppo troppo spesso sta avvenendo da un po’ di tempo a questa parte. Non possiamo restare in silenzio di fronte a un uso distorto e improprio dell’informazione. E’ indispensabile correggere la rotta, perché sono in gioco la credibilità e il futuro stesso della nostra professione. E in nome di quei valori e di quegli ideali in cui fermamente crediamo, che  l’Associazione della Stampa Emilia-Romagna consegna il Tricolore al Comune di Conselice, il Tricolore simbolo dell’Unità d’Italia che viene richiamata nella frase al centro della bandiera e di cui nel 2011 si celebrerà il centocinquantesimo anniversario con un nutrito programma di celebrazioni.
Ma nel 2011 ci sarà un’altra importante ricorrenza, che probabilmente passerà sotto silenzio, ma che ha un’importanza fondamentale per la vita democratica e lo sviluppo di un Paese civile. Nel 1911 la Federazione Nazionale della Stampa Italiana sottoscrisse con i rappresentanti degli editori la “convenzione d’opera giornalistica”, il primo contratto collettivo di lavoro della categoria ed anche il primo contratto collettivo nazionale stipulato in Italia.
Cento anni dopo ci troviamo di fronte al tentativo – supportato, purtroppo, anche da alcune organizzazioni sindacali – di limitare o cancellare la contrattazione collettiva. Il che equivale a limitare o cancellare i diritti dei lavoratori, a togliere dignità al lavoro. Anche questa è una questione di democrazia.
Non possiamo permettere che venga stravolto l’articolo 36 della Costituzione che recita: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Già oggi dobbiamo sopportare i danni provocati dalle leggi che, di fatto, hanno istituzionalizzato il precariato peggiorando le condizioni di vita dei lavoratori e negando ai giovani la possibilità di costruirsi un futuro.
E la categoria dei giornalisti soffre in modo particolare questa situazione. L’esercito dei precari, pagati 2 o 3 euro a pezzo, s’ingrossa di giorno in giorno. Con un duplice rischio: da una parte che i colleghi non riescano a mettere insieme il pranzo con la cena, data l’esiguità delle loro entrate, dall’altra che, per questa loro debolezza, siano più facilmente ricattabili e non possano svolgere la loro professione in piena autonomia. Insomma, la libertà di stampa e il diritto a un lavoro dignitoso sono due facce della stessa medaglia, la medaglia della democrazia. Per questo si deve trovare uno spazio per ricordare il centenario del primo contratto collettivo di lavoro e rilanciare la contrattazione collettiva come baluardo della democrazia stessa.

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