Parisi, Del Boca, Tartaglia, Soluri, Regolo, Chiovaro e Albanese nella due giorni a Scalea

Giornalismo: “Non rinchiudersi nel proprio orticello”

Giuseppe Soluri, Lorenzo Del Boca, Carlo Parisi, Giancarlo Tartaglia e Ugo Manco

SCALEA (Cosenza) – Un’opportunità per riflettere sulle condizioni dell’informazione nel tentativo di individuarne le prospettive. Ad offrire una fotografia dello stato dell’arte della categoria è stato il segretario generale aggiunto della Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, mentre uno sguardo al futuro è venuto dagli interventi dello storico direttore della Fnsi, Giancarlo Tartaglia, e da Lorenzo Del Boca, già presidente nazionale del sindacato dei giornalisti e dell’Ordine e direttore di fresca nomina dei 9 settimanali della stampa diocesana novarese.

Alcuni dei colleghi presenti al convegno di Scalea promosso da Sgc, Odg e Ucsi Calabria

L’occasione è venuta a Scalea (dove la Calabria già sfuma in Campania) in occasione della due  giorni sull’informazione organizzata dal Sindacato Giornalisti della Calabria in collaborazione con l’Ordine e l’Ucsi Calabria “Natuzza Evolo”.
Dopo la messa nella ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, e l’inaugurazione dello “Sportello informativo” del Sindacato Giornalisti della Calabria, è stata, infatti, la volta del convegno “Etica dell’informazione e problemi della professione: come cambia il giornalismo nel Terzo Millennio”.

Da sinistra: Carlo Parisi, Giancarlo Tartaglia e Ugo Manco

Che la salute dell’informazione non brilli per solidità è confermato dalle statistiche impietosamente ripiegate verso il basso. I giornali perdono copie e pubblicità e sono costretti a chiudere con fatturati sempre più rossi. Le televisioni sembrano limitarsi ad accontentare un pubblico attento al varietà e al gossip. E il mondo di Internet che, pure, registra incrementi consistenti di navigatori, non riesce a tradurre il consenso in mercato.
«Un disastro – ha esordito, infatti, Carlo Parisi – per molti aspetti annunciato da anni, che ha visto gli editori della carta stampata arroccarsi su modelli di editoria che le nuove tecnologie hanno inesorabilmente spazzato via. Aziende incapaci di sottoscrivere nuovi contratti di lavoro degni di tale nome, tenute in vita da massicce dosi di ammortizzatori sociali, pagati interamente dall’Inpgi, cioè con i contributi dei giornalisti, con l’inevitabile conseguenza di mettere in crisi l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani che ad ogni euro in entrata deve sborsarne uno e mezzo di prestazioni».

Relatori e colleghi in platea al convegno di Scalea

«Il fatto è che – ha osservato Parisi – le società editoriali, talvolta per scelta deliberata, non sono state in grado di scommettere seriamente sul capitale umano, investendo in professionalità, ultima essenza del giornalismo e, quindi, della qualità dell’informazione.
Il giornalismo si trova, dunque, in condizioni di tale debolezza che finisce per essere continuamente sotto schiaffo: ferito dagli attacchi dei criminali e dei potenti di turno – soggetti di certa politica o amministratori – ma, entrambi, intolleranti per la libertà di stampa che rimane il diritto più antico e sacro in un Paese democratico.
E allora «piovono minacce, – ha ribadito il segretario – intimidazioni, tentativi di imbavagliare il cronista scomodo, mascherati da denunce per diffamazione con richiesta di risarcimenti milionari. Ecco perché i giornalisti hanno bisogno di un Ordine, un Sindacato, un Inpgi, una Casagit, un Fondo che, sia pure con marce diverse, proseguano uniti per la stessa strada: la difesa della propria dignità».

Michele Albanese (a sinistra) con Adriano Mollo e Lucio Musolino a Scalea

L’involuzione del mondo dell’informazione sembrerebbe correre in controtendenza rispetto alle dinamiche che la storia propone. Nel senso che, fin dai tempi dell’uomo di Neanderthal, i progressi tecnologici si sono accompagnati con un significativo sviluppo in termini economici e sociali.
Lorenzo Del Boca, dal canto suo, ha ricordato che «le tipografie di Gutenberg hanno mandato in pensione gli amanuensi, ma hanno consentito la nascita di nuove professioni con un’occupazione di lavoratori enormemente superiore. Il telegrafo ha permesso la trasmissione di articoli dall’altra parte del mondo anche se limitati alle poche parole contenute in un telegramma e il telefono ha obbligato i giornali a servirsi di stenografi per registrare rapidamente il dettato degli inviati. Gli è che, questa volta, giornalisti ed editori non sono stati in grado di leggere compiutamente il senso e il valore del cambiamento e, quindi, non hanno saputo interpretarlo, volgendolo a proprio favore».

Orazio Raffa e, dietro di lui, Carmelo Idà a Scalea

Secondo Del Boca «la nuova tecnologia annulla il tempo e lo spazio perché la notizia trova pubblicazione nel momento stesso in cui avviene e impedisce il lavoro di ricerca e di controllo del cronista. Contemporaneamente, il quotidiano non si rivolge più alla platea dei lettori “ex cathedra”. Adesso, chi consuma informazione si mette alla pari e pretende di interagire, dialogare e, persino, correggere l’autore dell’articolo».
Questa nuova filosofia dell’informazione obbliga ciascun media a limitare il proprio angolo d’interesse. «I giornali – ha sottolineato il tre volte presidente dell’Ordine – non possono più essere degli omnibus che riportano di tutto un po’, ma niente per bene. Devono scegliere un riferimento specifico (il target) e svilupparne le tematiche con estrema precisione ed estrema competenza».
Anche Giancarlo Tartaglia ha rilevato come l’informazione abbia «assorbito il peggio della tecnologia inzuppando le pagine di quantità sterminate di righe e di parole il più delle volte mutuate dai siti e dai social, senza verifiche e con un’approssimazione davvero censurabile».

Luciano Regolo a Scalea

Pino Nano a Scalea

Le soluzioni della crisi dell’editoria imporrebbero tutt’altro percorso. Quello di Le Monde, per esempio, citato dallo storico direttore della Federazione della Stampa. A Parigi, il giornale ha diminuito le pagine e ha assunto giornalisti (che adesso sono 511) impegnandoli in inchieste, sollecitandoli a ricerche autonome e, dunque, proponendo servizi originali. Cioè meno quantità e più qualità: il contrario di quanto accade da noi. E il cambio di rotta non è possibile senza un sindacato efficiente dei giornalisti.
Tartaglia ha, quindi, citato il congresso della Federazione della Stampa del 1908 che ha consentito di delineare un programma di sintesi con le tre federazioni che erano nate a Roma, Milano e Firenze.
«La lungimiranza – ha avvertito – è consistita nel non rinchiudersi nel governo del proprio orticello, ma nel costituire un organismo che avesse forza e dignità per dialogare con gli altri poteri istituzionali.

Da sinistra: Nicola Pavone, Anna Russo e don Valerio Chiovaro a Scalea

E di farlo con pari dignità e identica autorevolezza. Nel 1908 – ha aggiunto – i cosiddetti padri fondatori già avevano prospettato l’esigenza di costituire una cassa comune che potesse finanziare le pensioni (l’Inpgi) e intervenire a sostenere colleghi in difficoltà (la Casagit)». Tartaglia ha, poi, toccato temi caldi come l’equo compenso, il rapporto complicato con gli editori, il complesso mondo del lavoro parasubordinato. A Scalea il referente dell’Alto Tirreno Cosentino, Ugo Manco, si è attivato – su mandato del segretario Parisi – per la costituzione di una sede sindacale che rappresenti uno sportello permanente a disposizione dei colleghi. A lui è toccato fare gli onori di casa e dare il benvenuto agli ospiti a cominciare dal presidente dell’Ordine regionale, Giuseppe Soluri, che, nel suo intervento, si è soffermato sugli aspetti deontologici della professione.

Raffaella Salamina e Francesco Cangemi a Scalea

«Più creatività, ma solo nel solco del giornalismo» è una delle soluzioni di cui ha parlato Luciano Regolo, condirettore di Famiglia Cristiana, spiegando che «non si va da nessuna parte se i colleghi scelgono la strada delle urla e dell’insulto per attirare nuovi lettori».
L’ex direttore dell’Ora della Calabria ha, poi, rivolto un appello ai colleghi costretti a vivere situazioni di precariato pregandoli di rivolgersi al Sindacato Giornalisti della Calabria dove potranno trovare assistenza. A spiegare con grande intensità il messaggio di Papa Francesco “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria (Esodo 10,2).
La vita si fa storia”, diretto ai giornalisti, ci ha pensato don Valerio Chiovaro, presidente dell’Ucsi “Natuzza Evolo” e consigliere del Sindacato Giornalisti della Calabria, che ha riassunto il senso di tutto spiegando come «il giornalista deve mettere ordine fra i grandi fatti della vita». Del nuovo ruolo del lavoro autonomo e della riforma dell’Inpgi e di quello che ancora si può e si deve fare hanno discusso Raffaella Salamina (consigliere generale) e Orazio Raffa (componente del Comitato amministratore), mentre a Michele Albanese è toccato lanciare un accorato appello a tutti i colleghi affinché siano «sempre vigili e pronti a prendere le distanze da connivenze criminali in Calabria». (giornalistitalia.it)

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