Per il Tribunale di Cosenza “non costituisce reato” riprodurre i contenuti di un articolo altrui, citando la fonte, su fatti di attualità

Assolti i giornalisti Amendolara e Leporace: la sentenza

Fabio Amendolara

Paride Leporace

COSENZA – “Assoluzione perché il fatto non costituisce reato” per Fabio Amendolara e “assoluzione perché il fatto non sussiste” per il direttore de “Il Quotidiano della Basilicata” Paride Leporace.
Nella sentenza della I Sezione Penale del Tribunale Ordinario di Cosenza, le conclusioni del processo (pubblico ministero Angelina De Luca) che ha visto i due giornalisti imputati per diffamazione a mezzo stampa ai danni del procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Potenza, Vincenzo Tufano.
L’allora procuratore si era, infatti, sentito “diffamato” da un articolo di Fabio Amendolara pubblicato, il 31 gennaio 2008, dal quotidiano all’epoca diretto da Paride Leporace che riportava, in virgolettato, un post tratto dal blog di Marco Travaglio presente sul sito internet “www.voglioscendere.ilcannocchiale.it”.
Nelle motivazioni della sentenza, il giudice monocratico Giusi Ianni sottolinea che “Amendolara, nel riportare fedelmente le considerazioni sull’apertura dell’anno giudiziario contenute nel blog di Travaglio e nel dare atto della fonte del post trascritto, abbia assunto la prospettiva del terzo informatore, dando atto ai lettori del punto di vista di un noto giornalista in relazione ad un evento di attualità, rappresentato, appunto, dall’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto potentino, colpito, in quel preciso momento storico, da forti tribolazioni – a prescindere, evidentemente, da qualsiasi addebito di responsabilità al Tufano in ordine alle indagini susseguitesi su magistrati del distretto e a prescindere dall’epilogo che tali indagini successivamente hanno avuto – tali da giustificare la sottoposizione ai lettori delle altrui dichiarazioni”.
Pertanto, osserva il giudice del Tribunale di Cosenza, “Tufano avrebbe dovuto sporgere querela direttamente nei confronti di Travaglio, autore delle dichiarazioni ritenute lesive della sua reputazione”, aggiungendo che nelle numerose memorie depositate “la difesa di parte civile ha cercato di mettere in evidenza come il pregiudizio al Tufano sia derivato dalla trasposizione delle dichiarazioni di Travaglio – in sé inserite in una pagina internet – in un quotidiano a diffusione locale, quale condotta suscettibile di rendere quelle dichiarazioni note anche a persone che altrimenti non ne avrebbero mai avuto percezione (ad esempio perché anziane e non aduse a strumenti informatici)”.
“A prescindere, tuttavia, da ogni considerazione sulle potenzialità diffusorie di una notizia riportata su internet (accessibile da tutto il mondo) – spiega il giudice Giusi Ianni – rispetto ad una riportata su un quotidiano a tiratura locale, è evidente come la deduzione non sia in sé rilevante ai fini dell’attribuzione all’Amendolara del reato, in difetto di elementi che, per come detto, permettano di configurare una qualsiasi volontà denigratoria concorrente in capo all’imputato”.
Di conseguenza, l’insussistenza del reato ascritto a Fabio Amendolara, “impone la formula assolutoria piena” anche nei confronti del direttore responsabile Paride Leporace. Il Tribunale di Cosenza, citando quattro sentenze della Corte di Cassazione osserva che “nella fattispecie criminosa prevista dall’art. 57 c.p., infatti, il reato che, con il mezzo della pubblicazione, viene commesso dall’autore dell’articolo pubblicato si configura come un evento di reato colposo che può essere addebitato al direttore del giornale, cosicché tale ultimo reato non può configurarsi ove venga accertato che nessun reato è stato commesso dall’autore dell’articolo”. la sentenza

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