Il presidente della Regione Puglia e leader di Sel sulla telefonata con l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva

Scuse di Vendola al giornalista: “Mi vergogno di aver riso”

Nichi Vendola

BARI – “L’unica cosa di cui mi vergogno davvero è di aver riso in quel modo di un giornalista che faceva il suo mestiere, e a cui chiedo scusa”. E’ quanto afferma su Facebook il presidente della Regione Puglia e leader di Sel Nichi Vendola, tornando sulla telefonata del 2010 con l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà. Il governatore in quella occasione si complimentò con quest’ultimo per lo “scatto felino” con il quale lo stesso ex pr aveva impedito a un giornalista di una tv locale di Taranto di fare una domanda al patron dell’Ilva, Emilio Riva.
“Non permetterò mai a nessuno di sollevare dubbi sulla mia onestà e di manipolare in modo volgare e strumentale la realtà” sottolinea Vendola dopo aver incontrato consiglieri di maggioranza, assessori della sua giunta e segretari regionali di partito.
“Penso che non si possa sopportare un’operazione di sciacallaggio come quella tesa a rappresentare una telefonata, una tra le migliaia di telefonate, il cui oggetto era riagganciare i rapporti con l’ambasciatore dell’Ilva, cioé con quel Girolamo Archinà che nel corso degli anni è stato il punto di riferimento della interlocuzione esattamente su questi temi, avanzamento sul piano della ambientalizzazione e difesa dei posti di lavoro”, afferma il presidente della Regione Puglia in conferenza stampa al termine della riunione di tutta la maggioranza convocata in Presidenza a Bari.
Maggioranza che ha ribadito la piena fiducia e il pieno sostegno all’azione amministrativa che in questi anni la giunta Vendola ha compiuto nei confronti dell’Ilva, “con l’unico obiettivo – sottolinea Vendola – di dare speranza alla città di Taranto”.
“Io ringrazio i partiti, le persone, i capigruppo della solidarietà politica e personale che mi hanno espresso. La telefonata va contestualizzata – ribadisce il presidente – e il contesto di quei giorni era incandescente e complesso, era un contesto in cui, accanto alla battaglia per la difesa del posto dei lavoratori somministrati, non volevamo perdere l’appuntamento con l’abbattimento delle emissioni di benzo(a)pirene. Da questo punto di vista i nostri atti amministrativi sono un repertorio di documenti che non consentono dubbio alcuno sulla volontà di dare scacco matto a chiunque pensasse di continuare, con la furbizia, a gestire una centrale di inquinamento in una città come Taranto”.
“Molti dimenticano che stiamo parlando di oltre 20mila famiglie che campano su Ilva e indotto – afferma Vendola in conferenza stampa -. Per me difendere i posti di lavoro non è una cosa da considerare oggetto di vergogna. Io sono orgoglioso di aver difeso ogni giorno, ogni singolo posto di lavoro naturalmente cercando di porre tutte le aziende di fronte al loro dovere di ambientalizzare gli impianti”. Il governatore e leader di Sel sottolinea ancora come la confidenza telefonica con Archinà fosse legata al raggiungimento di alcuni obiettivi, in particolare quello della difesa dei posti di lavoro.
“Dare speranza alla città di Taranto ha significato tenere in equilibrio due questioni – spiega Vendola -. La prima, mettere in agenda l’appuntamento con il diritto alla vita e alla salute lungamente negato, anche con gravi complicità e gravi silenzi, in un clima di decenni e decenni di omertà generale e quindi, contemporaneamente, cominciare a mettere limiti drastici alle grandi ciminiere e fare i conti con gli effetti dell’inquinamento industriale sulla salute dei cittadini.
La seconda, garantire l’esercizio del diritto al lavoro. La nostra opinione – continua Vendola – è che non si può risolvere la questione dell’inquinamento industriale con la chiusura del siderurgico. Questo abbiamo pensato nel corso degli anni, anche alla luce di altre esperienze che ci erano note come quella di Bagnoli”.
Il presidente si dice “dispiaciuto per aver maltrattato il giornalista ma era strumentale a quella «captatio benevolentiae» con l’interlocutore” e ribadisce che nel corso della telefonata quello che gli interessava erano fondamentalmente due questioni, “le centinaia di lavoratori somministrati che rischiavano il posto di lavoro e la legge sul benzo(a)pirene”. (Adnkronos/Ign)

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