ROMA – È inquietante e motivo di grande preoccupazione per le libertà individuali dell’informazione la notizia che la Consob abbia chiesto ed ottenuto dalla Procura della Repubblica i tabulati telefonici di un giornalista (ma non si esclude che siano due) con lo scopo di accertare le fonti di servizi di informazione economica.
Le fonti dei giornalisti (in questo caso sotto osservazione sarebbero Giovanni Pons e Vittoria Puledda di “Repubblica”) devono essere tutelate e sono materia di segreto professionale. La carta dei doveri dell’informazione economica non attribuisce alcun potere alla Consob in materia di controllo dell’attività dei giornalisti, che è sanzionato ripetutamente dalla Corte di Strasburgo come violazione dei diritti umani.
Il giornalista ha il dovere di riferire correttamente le informazioni di cui dispone e deve attenersi rigorosamente a non subordinare le sue conoscenze a profitto personale, operando, secondo il rigore deontologico incardinato sui principi della lealtà e della correttezza dell’informazione.
In questo caso, per la verità, non paiono in discussione questi punti, ma viene posta in essere un’azione intrusiva sull’attività professionale, e persino sulla vita privata di due colleghi (tenuti all’oscuro di tutto questo), generando l’idea che sia possibile, anche per i misteri con cui e per cui è stata consentita l’operazione, l’ingerenza sul lavoro professionale.
La protezione delle fonti e il diritto dei cittadini ad avere informazioni di interesse pubblico sono universalmente principi e diritti che debbono godere di tutela primaria. Se altre leggi consentono di mettere in discussione o di aggirare la segretezza delle fonti del giornalista, occorrerà porre la questione del corretto allineamento della legge ai principi di diritto universale su cui vigilano organismi giurisdizionali di livello sovranazionale.