ROMA – La situazione di difficoltà per l’occupazione giornalistica è nota a tutti. I piani di riorganizzazione e ristrutturazione con proposte di riduzione di organico continuano ad arrivare sul tavolo del confronto sindacale senza soluzioni di continuità.
Fronteggiare la situazione, individuare soluzioni adeguate per l’organizzazione del lavoro, la qualità dei giornali, le garanzie e le tutele dei giornalisti, di tutti i lavoratori è un’opera che richiede pazienza, intelligenza, competenze e rigore.
Non c’è una soluzione aritmeticamente definibile per qualsiasi problema ma su alcuni elementi è indispensabile essere assolutamente chiari rispetto alle proposte di qualsiasi piano anche a costo dell’impopolarità o del disagio verso qualche collega.
E’ di tutta evidenza che non si possono accettare tagli di posti di lavoro giornalistici senza verificare compatibilità organizzative, di elaborazione all’edizione quotidiana delle notizie e dei commenti sui nostri media.
La crisi generale di business e di organizzazione delle imprese editrici non è l’ombrello buono per qualsiasi operazione orientata verso sacrifici unidirezionali.
Le numerose vertenze hanno evidenziato, complessivamente (con poche eccezioni, quindi) alto senso di responsabilità della categoria e delle relazioni dei Cdr verso la ricerca di sbocchi di carattere solidale, rispettosi dei diritti generali, entro i quali far passare anche le soluzioni per aspettative di carattere individuale.
Il prepensionamento è uno dei canali più “sfruttati” per alleggerire la tensione sociale nei momenti di difficoltà e di riorganizzazione aziendale. Allo stesso modo funziona, nelle ricadute sociali, qualche progetto di esodo anticipato verso la scelta libera della pensione.
In entrambi i casi, spesso, i colleghi pensionati stabiliscono rapporti di prosecuzione di una qualche forma espressiva dell’attività professionale, coerente con la natura di una professione che non si smette mai di praticare.
Sempre di più però – stando a diverse segnalazioni critiche e evidenze pubblicamente trasparenti nella lettura quotidiana dei giornali – capita che colleghi a qualsiasi titolo collocati in quiescenza appaiano ordinariamente e continuativamente a lavoro nella stessa testata rispetto alla quale avevano dichiarato cessata l’attività, conseguendo così il diritto a ricevere l’assegno di pensione.
Stante anche la gravità della crisi occupazionale ciò crea ulteriori tensioni sociali e determina danni reali al sistema di protezione previdenziale di tutta la categoria. Chiunque svolga un lavoro assimilabile ad una prestazione subordinata, per continuità, per incarico gerarchicamente ricevuto, per attività in redazione o all’esterno ma con chiaro collegamento organico con la redazione, deve essere reiscritto alla Gestione Principale dell’Inpgi e assoggettato alle regole sui limiti di cumulo previsti dall’Istituto.
Ricordo che non vale la circostanza della liceità di comportamento aziendale e di individuo per il solo fatto che tra le due parti sia stata stipulata una qualche forma di prestazione convenzionale definita di lavoro autonomo entro un tetto di 21.645,16 euro (limite entro il quale non scattano tagli per i divieti di cumulo).
Conta la natura della prestazione. L’inserimento ordinario nell’attività redazionale dà luogo ad un nuovo calcolo degli organici redazionali stessi. Di conseguenza, in occasione dell’esame di piani di riorganizzazione che contengono proposte di riduzione dell’organico, gli organismi sindacali – a cominciare dai Cdr – sono vivamente pregati di far osservare che i presunti “esuberi” richiesti dall’azienda vanno immediatamente ridotti di un numero pari ai colleghi pensionati occupati irregolarmente, ma evidentemente non ritenuti soprannumero.
Non solo: è opportuno segnalarli all’Inpgi (ma è bene anche al Sindacato regionale e nazionale) perché si possa procedere alla verifica ed al recupero dei contributi omessi e dovuti per tutti questi casi. Analogo rigore va posto nella attuazione dei piani di cassa integrazione e nei contratti di solidarietà.
Circolano notizie di colleghi chiamati a lavorare nei giorni in cui figurerebbero in cassaintegrazione o in riduzione di orario per il contratto di solidarietà. Ciò è illegale, espone a rischi chi accetta questa condizione, è un abuso intollerabile.
La professione tutta, non può accettare queste violazioni e il Sindacato, quando informato di situazioni irregolari di questo tipo, ha cominciato a presentare gli esposti alle autorità competenti.
I giornalisti, che con l’Inpgi pagano i costi sociali, non possono essere complici di operazioni spregiudicate e illegali che vanno in danno di tutti. Anche di chi – in buona fede – pensa di rendersi utile così a salvare il proprio posto di lavoro o a preservare il futuro dell’attività della propria azienda.
Il segretario della Fnsi dichiara guerra agli abusi: “I giornalisti non siano complici di operazioni spregiudicate e illegali”