Il giornalista è stato ascoltato dalla Procura di Roma prima di raggiungere Torino e, finalmente, la sua Govone

Quirico è rientrato a casa. Dubbi sull’uso dei gas in Siria

Pierre Piccinin

Domenico Quirico

ROMA –Domenico Quirico ha fatto ritorno nella sua Govone, accolto da un lungo applauso della sua gente. ”Finalmente sono a casa. Sono commosso e ringrazio a tutti”, ha detto il giornalista prima di entrare in casa e riabbracciare le figlie, Metella ed Elisabetta, che non vedeva da 152 giorni.
“Sono estremamente sorpreso che gli Stati Uniti, che sono ben consapevoli di come la rivoluzione siriana è diventata Jihadismo internazionale, ovvero Al Qaida, possano pensare di intervenire. Bisogna riflettere a lungo”. Lo ha detto Domenico Quirico all’aeroporto di Fiumicino. “La rivoluzione in Siria è diventata altro – ha aggiunto Quirico – cioè gruppi radicali islamici che vogliono creare un califfato ed estenderlo a tutto il Medio Oriente e al Nord Africa e mi sorprendo di come gli Usa possano pensare di intervenire per aiutare questi gruppi. Io non dimentico cosa è il regime siriano – ha proseguito il giornalista – quali sono stati i suoi metodi, cioè bombardare la popolazione e uccidere migliaia di persone, però prima di intervenire per l’uno o è necessario riflettere e a lungo”.
“Siamo stati fermati da due pick-up con a bordo uomini armati. I primi giorni eravamo bendati: ho avuto paura di essere ucciso. Forse tre gruppi ci hanno «gestito»”. E’ il racconto che Domenico Quirico, molto provato e dimagrito di 4 chili, ha fatto oggi ai pm della Procura di Roma sui suoi 150 giorni di prigionia in Siria.
Rispondendo alle domande dei magistrati il giornalista ha aggiunto che “da subito sono state molto dure le condizioni in cui siamo stati tenuti. Il mangiare era dato una volta al giorno al massimo”.
L’inviato ha detto, inoltre, di aver tentato per due volte la fuga assieme a Pierre Piccinin, ma dopo essere stato bloccato nuovamente dai suoi rapitori ha dovuto subire due finte esecuzioni. “Ho il sospetto di essere stato gestito da tre diversi gruppi ribelli”, ha detto ancora il giornalista ai magistrati. “Non so dire se durante il sequestro siamo stati venduti ad altri gruppi”, ha riferito Quirico nel corso del colloquio in procura a Roma, durato circa tre ore e mezza.
Il giornalista ha spiegato di non “aver mai visto in faccia” i suoi sequestratori. Ha, inoltre, affermato di non essere mai stato a conoscenza degli sviluppi legati alla sua liberazione.
“Una notizia – ha detto – che ho appurato solo ieri”. All’atto istruttorio, l’inviato speciale de “La Stampa” è stato accompagnato dalla moglie e dal direttore Mario Calabresi.
“Sono stati mesi molto duri, siamo stati picchiati quotidianamente, abbiamo subito due false esecuzioni”, ha aggiunto Quirico più tardi, all’aeroporto di Fiumicino, poco prima di imbarcarsi su un volo di linea Alitalia per Torino.
“Siano stati trattati bene solo per un breve periodo in cui siamo stati affidati ad un gruppo di Al Qaeda, questo lo devo dire per dovere”, ha detto. “Desidero ringraziare lo Stato, il Governo, il Ministero degli Esteri, funzionari della Farnesina, che, mi è stato raccontato, si sono battuti veramente con un impegno straordinario per farmi uscire dalla Siria, per salvarmi la vita”, ha affermato Domenico Quirico. “Temevo che questa situazione, ovvero il mio sequestro, potesse continuare ancora per altri mesi, per molto altro tempo”, ha concluso.
Quirico è stato accolto al suo arrivo a “La Stampa” a Torino da un lungo, calorosissimo applauso dei suoi colleghi. Accompagnato dal direttore, Mario Calabresi, e dalla moglie Giulietta, il giornalista è stato a lungo abbracciato e festeggiato da molti dei giornalisti presenti. “Grazie, grazie a tutti – ha detto commosso -. Non riesco a dirvi altro”. Poi ha raccontato: “E’ stata la fede a tenermi in piedi, e devo riconoscere che da solo non ce l’avrei fatta”, ha detto parlando a lungo ai colleghi, che lo hanno applaudito e hanno brindato con lui. “Con Piccinin – ha aggiunto – ci siamo raccontati le favole di quando eravamo piccoli. Sono finito nella casa dell’orco e non ne uscivo più”.
“Siamo stati fermati da due pick-up con a bordo uomini armati. I primi giorni eravamo bendati: ho avuto paura di essere ucciso. Forse tre gruppi ci hanno «gestito»”. E’ stato il racconto che Domenico Qurico ha fatto oggi ai pm della Procura di Roma sui suoi 150 giorni di prigionia in Siria. Rispondendo alle domande dei magistrati il giornalista ha aggiunto che “da subito sono state molto dure le condizioni in cui siamo stati tenuti. Il mangiare era dato una volta al giorno al massimo”.
L’inviato ha detto, inoltre, di aver tentato per due volte la fuga assieme a Pierre Piccinin, ma dopo essere stato bloccato nuovamente dai suoi rapitori ha dovuto subire due finte esecuzioni.
“Ho il sospetto di essere stato gestito da tre diversi gruppi ribelli”, ha detto ancora il giornalista ai magistrati. “E’ folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas”, afferma Domenico Quirico. Sul sito del suo giornale, l’inviato de “La Stampa” sull’utilizzo dei gas in Siria afferma: “Eravamo all’oscuro di tutto quello che stava accadendo, anche dell’attacco con i gas”.
“Un giorno – ha raccontato Quirico – dalla stanza in cui venivamo tenuti prigionieri, attraverso una porta socchiusa, abbiamo ascoltato una conversazione in inglese via Skype che ha avuto per protagoniste tre persone di cui non conosco i nomi. Uno si era presentato a noi in precedenza come un generale dell’Esercito di liberazione siriano. Un secondo, che era con lui, era una persona che non avevo mai visto. Anche del terzo, collegato via Skype, non sappiamo nulla”.
“In questa conversazione – prosegue la ricostruzione di Quirico – dicevano che l’operazione del gas nei due quartieri di Damasco era stata fatta dai ribelli come provocazione, per indurre l’Occidente a intervenire militarmente. E che secondo loro il numero dei morti era esagerato”.
“Io non so – ha continuato Quirico – se tutto questo sia vero e nulla mi dice che sia così, perché non ho alcun elemento che possa confermare questa tesi e non ho idea né dell’affidabilità, né dell’identità delle persone. Non sono assolutamente in grado di dire se questa conversazione sia basata su fatti reali o sia una chiacchiera per sentito dire, e non sono abituato a dare valore di verità a discorsi ascoltati attraverso una porta”.
“E’ un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco” afferma, invece, Pierre Piccinin alla radio Rtv-Tvi, dicendo di avere sorpreso una conversazione tra ribelli in proposito insieme a Quirico.
Nella stessa intervista, l’insegnante belga ha detto che con Domenico Quirico hanno tentato di scappare due volte durante la loro prigionia in Siria. Una di queste, dopo due giorni di fuga, sono stati ricatturati e puniti ‘“in maniera molto pesante” per il gesto.
Con Quirico “abbiamo cercato di scappare due volte. Una volta, abbiamo approfittato del momento della preghiera e ci siamo impadroniti di due kalashnikov”, ha raccontato Piccinin. “Per due giorni abbiamo attraversato la campagna prima di ricadere nelle mani dei rapitori e poi di farci punire molto seriamente per questo tentativo d’evasione”.
Piccinin ha, inoltre, detto che Domenico Quirico “ha subito due false esecuzioni con una pistola”.  Il giornalista de “La Stampa” e l’insegnante belga, ha raccontato quest’ultimo, hanno subito “violenze fisiche molto dure”. Ora “fisicamente va bene, nonostante le orribili torture che abbiamo subito, Domenico ed io”, ha detto alla radio Piccinin, nonostante “umiliazioni, vessazioni, false esecuzioni. Domenico ha subito due false esecuzioni con una pistola”. (Ansa)

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