+ p. Giuseppe Fiorini Morosini
POLSI (Reggio Calabria) – Sono passati cinque anni dal mio primo arrivo a Polsi nel luglio 2008, ed è ancora forte e viva l’esperienza spirituale vissuta in questo luogo santo, accresciuta ogni anno nella celebrazione del 2 settembre, in occasione della festa, che ho celebrato sempre con tanto amore verso la Vergine e con tanta commozione vedendo lo spettacolo di fede al quale si assiste.
Pensate con quali sentimenti oggi io possa celebrare questa santa messa, sapendo che è l’ultima volta che celebro come Vescovo di Locri-Gerace e come Abate di questo santuario. Tra qualche giorno inizierò il mio servizio di vescovo a Reggio Calabria. E l’esperienza di questi cinque anni sarà solo un dolce e piacevole ricordo; ogni volta che ritornerò, sarò un pellegrino come tutti voi.
Il pensiero della fede della gente attraversò il mio animo e il mio cuore durante quella celebrazione. Ha segnato questo luogo per sempre, la fede di un popolo che per centinaia e centinaia d’anni è venuto qui, affrontando ogni sacrificio, per fare, per mezzo della Vergine Maria, un’esperienza forte di Dio ed entrare in comunione con lui.
E’ questa fede il grande tesoro di Polsi; è su questa fede che bisogna ritornare; è a questa fede che bisogna aggrapparsi quando vogliamo coltivare la speranza per il nostro futuro; è questa fede che apre orizzonti di speranza per il nostro futuro. Polsi faro di speranza per il futuro della nostra terra: della Locride e della Calabria intera. Polsi come arma di speranza per non soccombere dinanzi ai mali endemici della nostra terra, ma per sconfiggerli.
Se ho iniziato il mio ministero di Vescovo in questa valle segnalando la fede come forza spirituale, chiudo questo mio servizio pastorale indicando in Polsi l’arma della speranza per credere che il male sarà sconfitto.
La speranza nasce dai contenuti di questa festa della Madonna della montagna e dai testi biblici che abbiamo letto.
Qui a Polsi da sempre la Madonna è venerata liturgicamente come la Madre del divin Pastore, che specifica in un certo senso che la montagna è luogo di pascolo. Il riferimento è all’immagine usata sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento per esprimere la preoccupazione di Dio nei confronti dell’uomo. Pertanto la fede mariana qui a Polsi è espressa attraverso questo titolo, che ci presenta la missione di Gesù buon Pastore, così come egli l’ha descritta seguendo il testo di Ezechiele. La fede del popolo, nell’attribuire a Maria questo titolo in questo luogo, ha sempre creduto che Maria a Polsi ci ottiene quanto Gesù ha espresso nei nostri confronti con il titolo di buon Pastore, che lui stesso si è attribuito.
La prima Lettura, presa dal profeta Ezechiele ci presenta le caratteristiche della figura del buon Pastore, che Gesù riprende poi nel Vangelo. Dio allora è colui che cerca l’uomo, per prendersene cura. Egli passa in rassegna le pecore, nel senso che le conosce singolarmente e personalmente. Porta ad unità nei momenti difficili. Il luogo ove egli raduna le pecore è luogo di pace, di felicità, di serenità. Va in cerca di quella perduta e smarrita e cura quella malata, offrendoci così l’immagine di un pastore ricco di misericordia e di perdono, che non gode della morte del peccatore, ma che si converte e viva.
Non sappiamo chi abbia dato questo titolo alla Madonna venerata a Polsi; certamente chi lo ha fatto ha saputo sintetizzare quanto Polsi ha sempre donato e dona anche oggi ai fedeli che qui confluiscono: la certezza di accompagnati con amore paterno da parte di Dio.
Il Vangelo ci ha ricordato che Gesù ha lasciato Maria come madre dell’umanità. In quanto tale Ella continua a mediare per ognuno di noi i doni che Gesù ci ha ottenuti con il sacrificio della Croce. La cura del pastore nei confronti del gregge, che Gesù ha attribuito a sé, è passata alla Madre, e quanto è avvenuto alle nozze di Cana è il segno concreto di questa previdente cura materna, fissata in modo indelebile nel Vangelo a conferma di quanto i Padri della Chiesa e la teologia hanno scritto sul colloquio tra Gesù e Maria ai piedi della Croce.
Maria così appare a noi come Divina Pastora accanto al Figlio Divin Pastore. E non è mancato chi, lungo i secoli, ha invocato Maria con questo titolo. Madre e Figlio uniti assieme nella missione di prendersi cura del genere umano per portarlo a salvezza.
Qui noi impariamo la grande lezione di fede che Dio non ci abbandona; qui viene a noi rivelato il volto materno di Dio; qui viene coltivata la speranza che il male può essere sconfitto; qui capiamo meglio la parola del Signore: Misericordia io voglio e non sacrificio. Non sono venuto a chiamare i giusti a conversione, ma i peccatori.
Fratelli carissimi, tenete sempre salda questa fede; tenete sempre vivo l’amore per questo Santuario. Non temete le voci che si odono attorno ad esso e su di esso. Sono voci di persone che non conoscono e soprattutto non vivono la fede, che non hanno mai coltivato il sentimento religioso. Lasciate che parlino. Ricordate le parole del Signore per bocca di Geremia: Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti.
Miei cari, a conclusione del mio servizio pastorale come Vescovo di questa Chiesa di Locri-Gerace e come Abate di questo Santuario non posso non dire l’ultima mia parola sul fatto che in tutti questi anni la festa del 2 settembre a Polsi è stata sempre occasione perché si riproponesse il tema del rapporto Polsi-Ndrangheta. Avevo fatto il proposito a me stesso di non parlarne quest’anno; ma il mio trasferimento a Reggio Calabria mi ha fatto mutare opinione.
Contingenze storiche dell’ultimo secolo hanno unito questo Santuario al triste fenomeno della criminalità organizzata, per cui sciaguratamente la Madonna di Polsi viene definita come la Madonna della ’ndrangheta. Tanta gente, che non ha la sensibilità del sacro e la delicatezza di una fede vera, ricama sopra questa triste realtà, costruendoci castelli di assurda connivenza della Chiesa con la criminalità organizzata che non vuole demolire.
Ma la nostra fede, la nostra preghiera, la nostra invitta speranza non si piegano ad hanno l’ardire di credere che proprio da questo Santuario partirà quel segnale atteso di vittoria sulla mala pianta, la malavita organizzata, che qui la si vuole associata alla pietà popolare e alla fede religiosa. Una vittoria, però, non nel segno del giustizialismo tanto caro alla cultura dominante, ma nel segno della conversione, della riconciliazione e del perdono, che appartengono alla nostra fede e cultura religiosa.
Ancora una volta le Vergine, Divina Pastora, compirà la sua missione materna, offrendoci il volto amorevole del buon Pastore, che va in cerca della pecorella smarrita. Deve essere un impegno per tutti i fedeli che vengono qui a Polsi: invocare la Vergine affinché, come il Figlio e con il Figlio, buon pastore, ella vada in cerca della pecorella smarrita, raduni le persone disperse nei labirinti del male, curi i malati della vita che hanno perso la forza del bene.
Sono certo che i sapienti di questo mondo rideranno di questa mia fiducia, che giudicheranno ingenua, infantile, da sognatore illuso, essi che credono solo nella forza della repressione e della condanna. E quanto più grande sarà la loro commiserazione nei nostri confronti, tanto più forte sarà la nostra speranza, la nostra preghiera, il nostro impegno perché la speranza si realizzi. Siamo forti delle parole di Paolo: Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, follia per i pagani; Per noi, però, la predicazione di Gesù morto e risorto è potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. E la sapienza di Dio ci insegna che il male si annida nel cuore dell’uomo e perciò bisogna partire dall’educazione del cuore per risolvere il problema della ‘ndrangheta. La Chiesa in tal senso è sulla breccia.
Miei cari, le parole di S. Paolo sulla contrapposizione tra sapienza umana e divina hanno sostenuto i martiri di tutti i tempi, che hanno sfidato la morte per dare testimonianza a questa sapienza. Gli apostoli che hanno oltrepassato gli oceani per predicarla; i pensatori che hanno contrastato lungo i secoli la sapienza di questo mondo con l’affermazione della sapienza del Vangelo. Essa sosterrà anche noi in questo impegno morale, sociale e politico di sconfiggere la criminalità organizzata. Cristo nel momento cruciale della sua vita, la crocifissione, è stato insultato e deriso come un fallito; ma poi ha vinto con la sua risurrezione. Sarà così anche per noi. Vinceremo con la forza della nostra fede.
Proprio perché ho fiducia in questa forza trasformante che viene dalla fede operosa, io oggi, a conclusione del mio servizio di Vescovo in questa Chiesa di Locri-Gerace, oso lanciare l’ultimo estremo appello a coloro i quali con il cambiamento del loro cuore possono rendere attuale la sconfitta della mala pianta. A voi suggerisco due impegni morali, che sono forza dirompente di liberazione dal male.
1. La sobrietà di vita, tenendo fisso lo sguardo verso la vita futura che ci attende.
Le persone aderiscono alle associazioni criminali perché presi dalla smania insana di godersi la vita senza grande sforzo. Se ciò è vero per i capi, lo è meno, o non lo è proprio, per la manovalanza, che rimane sempre subalterna e misera. Ecco perché la produzione e lo spaccio di droga, ecco le tangenti, ecco l’usura anche tra parenti, ecco le intimidazioni contro chi non si sottomette, ecco gli omicidi, ecco la diffusione del gioco. Ma ciò, lo sappiamo, è un miraggio. Si può arrivare anche a costruire un impero economico con il male, ma prima o poi esso crolla, ci sarà sempre la buccia di banana ove si scivola. E se anche la si fa franca in questo mondo, c’è l’aldilà che ci attende, dove nulla ci possiamo portare e dove il faccia a faccia con la giustizia di Dio sarà senza sconti. Se consideriamo i mali che seguono al crollo di questo castello di carta costruito nel male e con il male, c’è da rabbrividire e nello stesso tempo da rinsavire.
* Beni che vengono confiscati: quanta disperazione ho raccolto in questi anni per chi dall’oggi al domani si è trovato con la propria famiglia senza neanche un luogo ove abitare, lasciando ville e costruzioni di lusso, magari distrutte per vendetta prima di abbandonarle.
* Famiglie divise e nell’affanno; figli che crescono senza i genitori o senza uno dei due; genitori che non vedono crescere i figli; viaggi impossibili dall’un capo all’altro d’Italia per una fugace visita mensile dei propri cari in carcere; processi infiniti con consumo di denaro.
* Famiglie rovinate dalla smania del gioco con puntate che fanno rabbrividire. Persone che dilapidano patrimoni e gettano nella miseria i propri figli, aprendosi così la strada alla criminalità.
Basterebbe considerare solo questi mali per acquisire saggezza e decidere di convertirsi dal male e costruire così il proprio benessere e il proprio futuro nella legalità, contentandosi del poco, ma con la sicurezza di assaporare certe gioie, che sono essenziali perché la vita sia degna di questo nome.
Lo Stato però aiuti in tal senso, donando il lavoro necessario e creando condizioni di vita basate sulla giustizia, riducendo gli squilibri sociali, spesso alla base della ricerca spasmodica dei beni terreni. Trovi anche i modi come aiutare le persone, che, rientrando in se stesse, dopo aver commesso questi errori, vogliono ricominciare un cammino diverso.
Il Santuario di Polsi per quella storia di fede basata sul pellegrinaggio delle carovane, che affrontavano mille sacrifici per giungere in questo luogo, ove respirare la presenza di Dio e cercare già in questa terra la comunione con lui, a costo anche di innumerevoli sacrifici, contribuirà a creare le premesse di questo futuro nuovo che la Locride e la Calabria tutta spera e attende. Il sacrificio di tanta gente del passato e del presente prima o poi otterranno da Dio il dono di una rappacificazione e la vittoria sulla criminalità organizzata.
2. La consegna o distruzione delle armi.
E’ l’altro valore morale, che vi propongo come passo sicuro verso la vittoria della malavita organizzata. In nome di Dio e della Vergine deponete le armi; consegnatele, distruggetele, non ne comprate di nuove. Non sono le armi che danno pace; esse producono guerra, morte, distruzione. Non è un equilibrio di paura che dà la pace. Tanti di voi nel passato avete vissuto sulla vostra pelle la tragedia delle faide, con morti dolorose, paure e angosce inenarrabili, fughe dai propri paesi.
E’ proprio questa triste esperienza a spingere oggi a una visione di vita diversa. Se uno possiede un’arma prima o poi la adopera, con le conseguenze che possiamo immaginare. Se potessi raccontarvi la disperazione raccolta in carcere da parte di alcuni che in momenti di rabbia, possedendo in tasca o a casa un’arma, l’hanno poi utilizzata. Quante lacrime asciugate, quanti pentimenti ormai tardivi. Mi ripetevano con la disperazione nel cuore: se non avessi avuto quell’arma… maledetto quel giorno che l’ho comprata o me l’hanno regalata… Pensieri inutili, perché il dramma si era già consumato.
Il prestigio personale e il rispetto non si guadagna portando un’arma in tasca per minacciare all’occorrenza chi non ci permette di fare i nostri comodi, senza il rispetto della legge.
Per questo l’appello urgente a chi possiede armi: liberatevene. Lo dico soprattutto a voi giovani: liberatevene, non desideratele. Genitori vigilate; mamme e mogli intervenite finché siete in tempo. Non comprate neanche armi-giocattoli ai vostri figli; se lo avete fatto, distruggeteli: essi sono una silenziosa educazione alla violenza.
La vallata meravigliosa di Polsi, se guardata con gli occhi innocenti e incantati di chi ama la natura e da essa si innalza verso Dio, è il segno di questa pace e libertà interiore che nulla teme e che fonda la propria sicurezza in Dio. Del resto qual era il significato del pellegrinaggio a Polsi, se non quello di trovare la sicurezza e la pace, che solo Dio può dare?
Ecco perché io ho fiducia che il pellegrinaggio a Polsi indurrà tanta gente a convincersi che la pace e la tranquillità, sia quella personale che di quella della propria famiglia, non si costruiscono sulle armi, ma sull’abbandono fiducioso in Dio e sull’osservanza delle leggi. Le numerose faide consumatesi in questa nostra terra di Calabria ne sono un segno eloquente e incontrovertibile.
Fedeli, preghiamo la Madonna perché faccia questo miracolo per tutti coloro che credono ancora sulla necessità di tenere armi in casa. Lei Regina della pace, ci risponderà portandoci a Gesù, re della pace. Egli ha usato una sola arma: l’amore.
Carissimi, con questo estremo appello mi congedo da voi e da questo Santuario, che ho amato e ho fatto di tutto perché ne fosse riscoperta la profonda religiosità e la lunga tradizione di fede.
Lascio sulle pareti del presbiterio della Chiesa, come ricordo, quattro tele che parlano della misericordia di Dio.
Resistendo ad ogni pressione esterna e alla gogna mediatica alla quale alcuni sulla stampa pensavano di mettermi, ma fondandomi sulla verità del Vangelo, ho parlato in questo Santuario di fede, di riconciliazione, di conversione e di perdono, per tutti. Ribadisco, per tutti, nessuno escluso, anche per gli aderenti alla ‘ndrangheta, se decisi ad intraprendere un percorso di conversione. Se qualcuno pensava o sperava in un mio ripensamento, si è sbagliato. La verità del Vangelo non si può abbandonare.
Quelle tele parleranno sempre del messaggio della misericordia e del perdono, che non è mio, ma di Gesù. Saranno un invito a considerare il mistero grande della nostra fede: quella in un Dio che nella croce del Figlio Gesù ci ha dato la prova più grande dell’amore e della misericordia; la fede in Gesù, che, stando sulla croce, con le braccia allargate, ha proferite le parole più belle: Padre perdona loro; la fede in Maria che accolse come figli quegli uomini che le avevano crocifisso il Figlio.
Sia così sempre: amore voglio, non sacrificio.
Sia questa la missione e la speranza di questo Santuario. Amen
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Mons. Morosini: “Giustizia sociale per vincere la ’ndrangheta”
+ p. Giuseppe Fiorini Morosini
Arcivescovo Eletto Diocesi di Reggio Calabria-Bova
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