MILANO – La corte d‘appello di Milano, nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato i 4 anni di carcere per Silvio Berlusconi, imputato per il caso Mediaset, ha parlato di “un sistema portato avanti per molti anni” dall’ex premier e “proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice”.
La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che “in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilità di concedere le attenuanti generiche” all’ex premier.
“Era assolutamente ovvio che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica, quindi fosse interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’operatività giornaliera”. E’ quanto si legge nelle motivazioni.
Silvio Berlusconi è stato il “reale beneficiario delle catene” dei diritti tv, cioé di un sistema che, secondo l’imputazione, avrebbe portato a gonfiare i costi della compravendita degli stessi diritti tv.
Lo scrive la corte d’appello di Milano nelle motivazioni con cui ha confermato i 4 anni di carcere e i 5 di interdizione dai pubblici uffici per l’ex premier.
La Corte d’Appello di Milano ha sottolineato che l’ex premier era uno dei due “responsabili di vertice di tale illecita complessiva operazione”.
“Vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale per così dire del gruppo B e, quindi, dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società Off Shore”. E’ un passaggio delle motivazioni della sentenza con cui la corte d’appello ha confermato la condanna all’ex premier.
L’asserita esistenza di “contesti deliberatamente persecutori o complottistici dell’intera autorità giudiziaria milanese” nei confronti Berlusconi, è “un’accusa infamante”, perché “intacca il dovere di imparzialità e l’indipendenza di giudizio”. Lo scrive la Cassazione motivando il no al trasferimento dei processi.
“I pm fanno il loro ‘mestiere’ e certo non può addursi a motivo di temibili intenti persecutori che si adoperino…con tenacia e determinazione anche polemica e decisa ma mai esorbitante dalla normale dialettica processuale”, scrive la Cassazione, con riferimento alle accuse di “aggressività” mosse da Berlusconi a Boccassini e De Pasquale. Secondo la Cassazione, non è “incongrua la considerazione che l’istanza” di Berlusconi di trasferire i processi Mediaset e Ruby da Milano a Brescia, “piuttosto che da reali e profonde ragioni di giustizia, sia stata ispirata da strumentali esigenze latamente dilatorie”. (Ansa)
Per la Corte d’appello è stato il “reale beneficiario delle catene” dei diritti tv. La Cassazione: “Sui giudici accuse infamanti”