NEW YORK (Usa) – Il New York Times ha dominato i premi Pulitzer di quest’anno, con quattro riconoscimenti in diverse categorie. Tra i premiati, il corrispondente da Shanghai, David Barboza, che ha ottenuto il “Nobel” del giornalismo con un’inchiesta sull’ex premier cinese Wen Jiabao e l’enorme fortuna occulta accumulata. Inchiesta giudicata dalla commissione esaminatrice “ben documentata e resa pubblica tra le pesanti pressioni dei funzionari cinesi”.
Ma subito è scattata la protesta di Pechino. Il reporter 47enne ha infatti sfidato la Cina spulciando tra le carte della famiglia dell’allora premier e impiegando un anno intero per mettere insieme il tutto, individuare i nomi e capire quanto ognuno di loro aveva accumulato.
“Le prove – centinaia di nomi e una rete capillare che connette oltre 100 società – sono emerse dalle registrazioni finanziarie ufficiali cinesi”, ha spiegato Barboza, come riferisce AgiChina24.
In particolare l’inchiesta che ha fatto infuriare il governo cinese dimostrava come alcune decisioni riferibili all’amministrazione Wen avessero favorito i business dei familiari dell’ex premier, pur senza alcuna prova di un intervento diretto del primo ministro a sostegno degli affari di famiglia.
Sulla base di documenti e registri riservati di numerose società, l’articolo provava come l’intera famiglia di Wen si fosse enormemente arricchita a partire dal 1998, quando “Nonno Wen” – come viene soprannominato in tono sarcastico – ottenne la carica di vicepremier. E il tutto ruota intorno alla Ping An Insurance, la prima società di servizi finanziari cinese: la madre di Wen Jiabao, Yang Zhiyun, sarebbe l’intestataria di un pacchetto di 120 milioni di dollari della società, mentre il figlio, Wiston Wen, sarebbe stato uno dei principali fornitori della compagnia quando era a capo della Unihub, società del settore delle telecomunicazioni.
L’inchiesta viene mandata alle stampe (e in rete) ad ottobre.
Immediato il pugno duro della censura che sul web cinese oscura il sito del New York Times, come già era accaduto a giugno per un articolo simile di Bloomberg che coinvolgeva l’allora futuro presidente Xi Jinping. Poi a gennaio di quest’anno il Nyt ha fatto sapere di essere da allora sotto l’attacco degli hacker cinesi, e con lui diversi altri giornali e società Usa.
Anche stavolta la reazione cinese non si è fatta attendere: all’indomani dell’assegnazione del premio Pulitzer a Barboza, il portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying, ha ribadito come secondo Pechino dietro il reportage del New York Times ci siano “secondi fini”. Già al tempo della pubblicazione, le autorità cinesi avevano sostenuto che l’inchiesta faceva parte di una campagna di diffamazione da parte di “voci” contrarie allo sviluppo del Paese asiatico.
Il quotidiano di New York si è aggiudicato quattro Pulitzer di cui due per le storie sui modus operandi oltre-oceano di colossi come Apple e Wal-Mart. Tra i premiati, anche il fotografo dell’agenzia France Presse, Javier Manzano, per uno scatto ad Aleppo, in Siria, il Sun Sentinel di Fort Lauderdale, Florida, l’associazione no profit InsideClimateNews, mentre per la narrativa ha vinto Adam Johnson con “Il signore degli orfani”. (Agi)
Il quotidiano americano fa incetta di riconoscimenti, ma Pechino s’indigna per uno dei servizi premiati