A Cosenza l’arcivescovo-giornalista fa appello alla sensibilità del sindaco-giornalista, Mario Occhiuto

Mons. Nunnari: “Non creiamo un ghetto per i rom”

Mario Occhiuto

Salvatore Nunnari

COSENZA – La strada per la soluzione della vicenda rom a Cosenza è lastricata di buone intenzioni. Ora, però, occorre trovare soluzioni concrete, che aiutino le centinaia di famiglie occupanti Vaglio Lise a essere realmente accolte, integrate e coese con il tessuto sociale di Cosenza per una nuova e più piena cittadinanza.
Il Consiglio Comunale aperto di martedì scorso, cui ha partecipato l’arcivescovo-giornalista di Cosenza-Bisignano, mons. Salvatore Nunnari, ha costituito l’occasione di un confronto sull’ipotesi del villaggio rom da costruire lungo la via Popilia voluto dal sindaco-giornalista di Cosenza, Mario Occhiuto.
Un confronto serrato, a cui mons. Nunnari non ha voluto mancare, per una situazione che da anni lo vede impegnato e attento; le condizioni del campo rom attuale sono spesso salite agli onori della cronaca per incendi e maltempo, e l’arcivescovo ha sempre fatto sentire la propria vicinanza alla comunità ivi stanziata.
Un problema che perdura da anni, come il settimanale diocesano “Parola di Vita” non ha mancato di evidenziare dalla sua rinascita nel 2008. Adesso, da parte del sindaco, la proposta: costruire “un centro di valorizzazione della cultura rom, dei laboratori residenziali che saranno temporanei, in attesa di una capacità d’inclusione maggiore” – ha detto il primo cittadino, che ha proseguito: “il nostro progetto è quello di creare una reale integrazione; il centro avrà un regolamento per garantire la sicurezza, non saranno ammessi i rom che avranno commesso reati o quelli non autorizzati”.
Proprio il villaggio è il pomo della discordia. Nello scorso mese di luglio i cittadini di via Popilia erano insorti contro la costruzione della struttura nel quartiere da loro abitato, raccogliendo anche delle firme; la minoranza tuona contro l’idea del primo cittadino.
Alcuni, come Ambrogio, del Pd, sollevano la necessità che “il problema deve essere condiviso dall’area urbana e addirittura dalla Provincia”. La maggior parte degli intervenuti, poi, ha lamentato la mancanza delle altre Istituzioni locali, civili e militari.
La solidarietà, la coesione culturale, sociale e territoriale, l’integrazione, la solidarietà. Punti fermi di un “problema veramente grosso per la nostra città” – come esordisce nel suo intervento monsignor Nunnari. Il presule ha invocato un “tavolo di concertazione, con le stesse donne e uomini rappresentanti delle etnie rom, un coinvolgimento per un’inculturazione anche di noi cristiani: a volte la carità non ci fa comodo perché c’è una mentalità borghese e non cristiana”. Con un obiettivo da mai dimenticare: “che questo centro sia un luogo di passaggio, non un ghetto stabile, perché il ghetto offende la dignità dell’uomo”.
Nei suggerimenti dell’arcivescovo anche l’invito a “realizzare in prospettiva una possibilità per il lavoro dei rom, a indovinare progetti per un’occupazione”. L’assise si è aggiornata a una nuova convocazione.
La vicenda è delicata, ma l’invito di mons. Nunnari è chiaro: “la gente che arriva non viene da un paradiso, ma vuole essere guardata con il cuore: che il Consiglio sappia leggere nel cuore di questi concittadini”.
“Il cuore di questi fratelli è meraviglioso – ha aggiunto Nunnari – e la devianza, le situazioni di illegalità sono l’approdo del disagio. Io qui, in Consiglio, vi porto la voce della Chiesa, che è la voce del Vangelo: sono un popolo che va integrato, che va accolto”.
Poi l’occasione per una denuncia per una città “ancora poco solidale” e il racconto di come nei diversi tentativi di soluzione le istituzioni non hanno trovato accoglienza nè fra i cittadini né fra i sindaci.
Il vescovo ha, infine, precisato di condividere l’idea del centro “purché non sia un ghetto, offenderebbe la coscienza cristiana. Deve essere un luogo di passaggio che dia l’occasione di riscattarsi attraverso il lavoro”. (Parola di Vita)

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