La presidente dell’Odg della Puglia ricorda che i giornalisti non possono avere compiti commerciali

L’informazione non si compra con la pubblicità

Paola Laforgia

Paola Laforgia (presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia)

BARI – L’informazione non si compra con la pubblicità. I giornalisti non possono avere compiti commerciali o dosare i propri doveri deontologici in proporzione all’entità delle inserzioni pubblicitarie.
Nessuno può pensare di piegare la libertà di informazione alle esigenze del marketing o all’entità delle inserzioni pubblicitarie vendute dai giornali o dalle emittenti televisive.
La vicenda delle interviste a pagamento concesse da alcune emittenti televisive dell’Emilia Romagna e la recente denuncia dell’Assostampa di Puglia secondo cui un importante quotidiano sarebbe stato escluso dalla campagna pubblicitaria della 76ª Fiera del Levante in seguito alla pubblicazione di articoli non graditi, inducono l’Ordine dei Giornalisti della Puglia a ricordare a tutti, editori, direttori, giornalisti e inserzionisti che le regole deontologiche della nostra professione vietano qualunque commistione tra informazione e pubblicità.
L’Ordine ricorda che il lavoro dei giornalisti deve essere sempre chiaramente distinto da quello dei pubblicitari e che il lettore o il telespettatore devono essere messi sempre nelle condizioni di riconoscere quali spazi siano frutto del lavoro autonomo dei giornalisti e quali siano a pagamento.
La situazione di crisi che investe il settore dell’editoria non può indurre ad alcun cedimento su questo fronte e l’Ordine invita innanzitutto i direttori a vigilare perché l’autonomia dell’informazione , la libertà di critica e di cronaca, non cedano il passo rispetto alle esigenze – sia pur legittime – delle aziende editoriali di trovare finanziamenti anche attraverso la pubblicità.
L’Ordine invita anche i colleghi a resistere ad eventuali pressioni che inducano a piegare la propria autonomia professionale alle necessità commerciali delle loro aziende e a denunciare episodi che spingano in una direzione differente.
Il valore di un prodotto editoriale di informazione, e quindi anche della pubblicità in esso contenuta, si misura sulla sua riconoscibile autorevolezza, attendibilità e indipendenza ed è interesse anche degli inserzionisti – siano essi politici, enti pubblici o aziende private – tutelare questo valore.

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