COSENZA – A prenderlo in mano “Codice rosso. Sanità tra sperperi, politica e ‘ndrangheta” (Pellegrini Editore, pagine 184, euro 14,90) viene un senso di panico, a scorrerne velocemente l’indice e i suoi titoli il panico aumenta, a leggerlo si rimane esterrefatti.
C’è veramente poco da salvare nel calderone magmatico della sanità calabrese e il futuro non riserva grandi illusioni.
“Codice rosso” di Arcangelo Badolati e Attilio Sabato è, dunque, un libro problematicamente decisivo perché, primo fra i primi, affronta sistematicamente la questione della sanità in Calabria e si rivela una guida formidabile all’interno della giungla del nostro sistema sanitario.
Apre la nuova collana della Pellegrini Editore dal titolo “L’inchiesta” e si pone come un faro lungimirante per scandagliare la realtà calabrese in lungo e in largo. E non potrebbe essere diversamente. Attilio Sabato e Arcangelo Badolati hanno occhi profondi, sguardi penetranti, penne che trivellano e sfondano. Da tempo hanno abituato i lettori al loro dinamismo mentale e a quel giornalismo d’urto che racconta i fatti senza veli e senza ipocrisie. Ed è per questo che “Codice rosso” porta dritti dritti nell’inferno.
La Sanità Calabrese è malata, anzi malatissima, perché claustrofobicamente immersa e soffocata da “sperperi, politica e ‘ndrangheta” come recita la triade del titolo che dice già quale sia il grande male della nostra sanità. La chiamano la “Fiat” della Calabria i nostri autori: “una fabbrica capace di assicurare lavoro a 22.143 persone e di far mangiare contemporaneamente imprenditori, mafiosi, faccendieri e politici”. Ma senza nulla concludere perché vive di sperperi, depauperamenti e debiti: “il nostro sistema è un pozzo senza fondo che consuma tre quarti del bilancio regionale e spende più della metà di quanto incassa”.
E gli ospedali – avvertono Badolati e Sabato – sono vere e proprie “icone dello sperpero”. Paradigmatici sono le storie di quattro nosocomi: gli ospedali di Gerace e di Rosarno , costruiti con grande dispendio di denaro e dotati di costosi strumenti avanguardistici non sono mai entrati in funzione; l’ospedale di Scalea, costruito su sei piani e modernamente attrezzato, ne utilizza uno soltanto mentre gli altri cinque sono un “inno all’incuria e al disastro; l’ospedale di Palmi, che funzionava benissimo e vantava una scuola chirurgica di altissimo livello, è stato praticamente distrutto da una pseudo-ristrutturazione che, ammantando rivalità politiche e invidie professionali, lo ha di fatto ridotto ad “un ammasso di ambienti vuoti e pieni di calcinacci”.
Sprechi ingenti, anzi ingentissimi. E ancora. Un piano di rientro regionale che avrebbe dovuto essere la panacea di tutti i mali ma che è pari ad uno stillicidio con chiusure di nosocomi in maniera dissennata che vanno tutti nella direzione della non garanzia del diritto alla salute, tempi di attesa biblici per un esame, emigrazioni fuori regione per curarsi dignitosamente, morti continue in corsie ( il capitolo sulle morti è quello più terrificante) e tanti, tantissimi drammi di persone “ammazzate nel tempio della salute” senza un perché (il caso di Federica Monteleone docet su tutti) che ancora si domandano come sia potuto accadere che la i luoghi deputati alla cura siano dei sacrari di morte. Qualcosa si salva in tanto inferno? Sì, ci sono le eccellenze: medici e personale che lottano ogni santo giorno per vincere l’inferno. Ma non basta e spesso sono sole. “Codice rosso” denuncia tutto questo e anche di più.
Arcangelo Badolati, 46 anni, giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza, è caposervizio del quotidiano “Gazzetta del Sud” a Cosenza. È autore di numerose pubblicazioni sulle devianze criminali e i misteri calabresi, ha seguito, negli ultimi venti anni, i più importanti processi celebrati in Calabria. È componente del Centro di documentazione e ricerca sul fenomeno mafioso dell’Università della Calabria e docente presso l’ateneo al Master sull’Intelligence. Ha collaborato con il “Tempo” di Roma, “L’Indipendente” di Milano e l’Agenzia giornalistica Italia (Agi). È autore, inoltre, con Marisa Fallico, di “Nera di Calabria” una delle trasmissioni televisive più seguite della regione.
Attilio Sabato, 56 anni, giornalista professionista, è consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dirige, a Cosenza, il network televisivo “Teleuropa”. Ha collaborato con la cattedra di Antropologia Culturale all’Università della Calabria, ha diretto i quotidiani “La Provincia Cosentina» e “Il Domani di Cosenza”, collabora con l’agenzia di stampa “Ansa” e il quotidiano la “Gazzetta del Sud”. Ha diretto l’emittente televisiva “Rete Alfa” e ha collaborato con la testata giornalistica “Telemontecarlo”.