Il Senato dice “no” agli arresti domiciliari per il caso Lavitola. Contrari 169, favorevoli 109, astenuti 16.
 Si grida all’inciucio

Il segreto dell’urna salva il “soldato” De Gregorio

Il senatore Sergio De Gregorio

ROMA – Chi ha salvato de Gregorio? 169 senatori in tutto, di partiti diversi e con la stessa coscienza, che nel segreto dell’urna oggi in Aula hanno davvero “salvato” il soldato pidiellino Sergio De Gregorio dagli arresti domiciliari richiesti dai magistrati di Napoli che indagano sugli scandali dell’Avanti! e di Walter Lavitola, faccendiere e “compare di cresima”, oltre che socio, del fondatore del Movimento Italiani nel Mondo.
Sergio De Gregorio, un senatore “libero” ma che, nonostante questo, dice di “non aver niente da festeggiare”, un “professionista” che si definisce “apprezzato in molte parti del globo”, luoghi in cui “non importa nulla di questi scandali giudiziari”, un uomo “guardingo fino al processo” che lascerà la politica alla termine della legislatura “per l’esigenza di rinnovamento avanzata dal Pdl”, di cui si dice cofondatore.
Sergio De Gregorio, libero perchè 169 colleghi hanno detto che nell’inchiesta a suo carico c’è stato “fumus persecutonis”. In 109 hanno detto che non è vero, ma non sono bastati. In 16 hanno preferito astenersi.
Numeri strani, che ricalcano, ma non alla perfezione, vecchi schemi di maggioranza al Senato. Numeri che sembrano smentire il vicecapogruppo del Pd, Luigi Zanda, e molti dei suoi, che nel pomeriggio si sono affannati a spiegare che il voto segreto ha concesso alla Lega l’opportunità di rinsaldare l’asse con il Pdl e tornare alla vecchia alleanza, mai rinnegata.
Ma alla Camera Alta da oggi pomeriggio rimbomba la parola che ormai ogni politico teme, “inciucio”.

 “Roba da casta” o addirittura “scandalo” sono, invece, i sostantivi che si potrebbero usare (e che verranno usati sicuramente almeno da Beppe Grillo) in una piazza.
In Parlamento, nei capannelli di funzionari e senatori, si preferisce sostituirli con “patto”, “accordo”, “voto di coscienza”. Prima di tutto, però, occorre fare due conti: i senatori del Pdl sono in tutto 127, 22 i leghisti e 13 quelli di Coesione Nazionale; totale 162 e ci siamo, ad arrivare a 169 il passo è breve. Eppure, i leghisti dicono compatti e “ufficiosamente” di non aver detto “no” all’arresto, come del resto apertamente affermato nelle dichiarazioni di voto.
Proprio in quella fase del dibattito, però, potrebbe essersi consumato lo strappo tra gli intenti politici dichiarati dai gruppi e la coscienza collettiva dei componenti del Senato. Pubblicamente, infatti, solo il Pdl ha annunciato che avrebbe votato contro l’arresto, tutti gli altri erano schierati con il Sì. Ma in Aula, come ha detto l’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, che dal balletto del “sì o no” alle manette ci sta passando in prima persona, “mai il risultato numerico coincide con le dichiarazioni di voto. Sulle richieste d’arresto, specie su una connessa a fatti di 6 anni, bisogna riflettere bene. E’ un voto di coscienza, ed è giusto che sia così”. Però “non c’è nessun accordo politico tra la mia vicenda e quella di De Gregorio”. (TMNews)

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