ROMA – L’editore e direttore del Gruppo Adnkronos, Giuseppe Marra, ricorda in una intervista alla “Xinhua Syed”, Saleem Shahzad, il giornalista di Aki-Adnkronos International che raccontava al-Qaeda e i Talebani e che è stato ucciso un anno fa a 150 km da Islamabad.
– Syed Saleem Shahzad è stato un importante punto di riferimento per l’agenzia Adnkronos. Che cosa, Direttore, apprezzava particolarmente del giornalista scomparso?
“La prima volta che Syed Saleem Shahzad venne a trovarmi al nostro Palazzo dell’Informazione mi disse che gli avrebbe fatto piacere collaborare con Aki-AdnKronos International. Gli chiesi perché volesse intraprendere un lavoro duro e a volte ansiogeno come quello dell’inviato di agenzia lui che era nell’Unità di ricerca in sicurezza pakistana all’Università di Bradford, che aveva scritto libri e saggi importanti, come «Inside Al-Qaeda: Beyond Bin Laden and 9/11» pubblicato dalla casa editrice britannica Pluto Press, che era stato il capo dell’ufficio pakistano di «Asia Times Online» e collaboratore del quotidiano «La Stampa» di Torino. La sua risposta mi sorprese. Desiderava raccontare dal vivo, in tempo reale, gli eventi che seguiva. E questo pensava glielo potesse permettere solo un’agenzia di stampa. Saleem era un giornalista autentico. Per lui nel nostro mestiere mente e piedi dovevano andare insieme”.
– Essere giornalisti è talvolta una missione di vita oltre che una professione. C’è qualcosa in particolare che lei e l’agenzia che dirige hanno potuto imparare dal lavoro di Saleem? E qualcosa del suo modus operandi che dovrebbe spingere alla riflessione il giornalismo italiano in genere?
“La sua lezione è esemplare. Amava il nostro mestiere fino a mettere a rischio la sua vita e rendere precaria quelle della moglie Anita e dei suoi due figli, che amava moltissimo. Quanti avrebbero continuato ad attraversare teatri caldi come l’Afghanistan, l’Iraq, la Giordania, il Libano, ma anche l’Iran, la Siria e gli Emirati Arabi Uniti, come ha fatto lui anche dopo essere stato rapito, e poi rilasciato, insieme al suo interprete da un gruppo di Talebani nella provincia afghana di Helmand, nel sud dell’Afghanistan?”.
– Talvolta il coraggio di raccontare la verità in zone del mondo sanguinose si scontra con la necessità di proteggersi dalla violenza che ha portato via il vostro corrispondente, e sono purtroppo molti i giornalisti che perdono la vita per la stessa causa. Lei vede la possibilità di sinergie che i media internazionali potrebbero/dovrebbero mettere in atto per creare una rete di protezione per i loro giornalisti?
“In tutto il mondo la nostra professione soffre di un ritardo legislativo inammissibile. Non solo non esiste una rete di protezione, ma nemmeno un codice che tuteli i migliori e allontani i peggiori. E invece come operatori dell’informazione e della comunicazione (a mio avviso ormai inscindibili) ci dovremmo dare un nuovo codice deontologico mondiale che tuteli chi fa onore al nostro lavoro e sanzioni chi lo umilia e fa del giornalismo un megafono di sussurri e grida funzionali a questo o quel potere e non una missione al servizio della verità senza aggettivi”.
– Quale immagine le viene in mente quando pensa a Saleem? Quali i ricordi che la legano personalmente e per sempre a lui?
“Il suo sorriso nel nostro ultimo incontro quando, stringendogli la mano, lo pregai di salutarmi la moglie Anita e i suoi figli”.
– Saleem ha lasciato un progetto professionale, e una famiglia. Come Adnkronos si sta adoperando per continuare a percorrere la strada del giornalista dolorosamente interrotta, e a nutrire il ricco legame interculturale che da colleghi vi aveva reso amici?
“Il viaggio dell’Agenzia Adnkronos nelle aree calde del Medio ed Estremo Oriente è iniziato quasi quarant’anni fa. E’ proseguito da quindici anni con il portale Ign (Italy Global Nation) e con l’Agenzia radiotelevisiva. Il settore estero della nostra attività ci ha dato successi straordinari presso i principali mass-media di queste regioni, come ben sanno l’Editore e i giornalisti della Xinhua, con i quali abbiamo realizzato diversi accordi nei nostri ripetuti incontri a Pechino e a Roma. Anche in futuro ci impegneremo sempre di più ad alimentare il flusso delle informazioni in andata e ritorno da queste regioni anche per onorare la memoria di Syed Saleem Shahzad, un fratello e non solo un amico e un collega”.
– Da oggi il Newseum di Washington renderà per sempre onore alla memoria di Saleem. Che cosa della sua storia si augura che possa colpire i giovani – giornalisti e non – di tutto il mondo che leggeranno il suo nome?
“Il suo è l’esempio di un giornalista-eroe. Attraverso le sue corrispondenze e i suoi dispacci, sempre precisi e tempestivi, ti sentivi nei teatri di guerra che lui attraversava. Nelle sue telefonate era sempre sereno come se fosse nei posti più sicuri del mondo. Non lo potremmo mai dimenticare e la sua foto avrà un posto d’onore nella nostra redazione. E’ stato il migliore di tutti noi. E oggi insieme a tante altre personalità della cultura e del giornalismo ne andremo a celebrare la memoria al Newseum di Washington. Questa volta saremo noi a raccontare le sue imprese. E ricordandolo potremmo spiegare ai colleghi più giovani come è vissuto un grande giornalista”. (Adnkronos)
Giuseppe Marra ricorda Saleem Shahzad, “esempio di giornalista-eroe”, invocando una indispensabile rete di protezione