Lettera aperta del vescovo-giornalista Giuseppe Fiorini Morosini al Presidente del Consiglio, Mario Monti

Caro Monti, così ci taglia anche il futuro

Mons. Giuseppe Fiorini Morosini

Mario Monti

Sig. Presidente,
Le esprimo anzitutto tutta la mia soddisfazione nel saperLa circondata da tanto prestigio a livello internazionale. Tutti La ringraziamo per il fatto che si guardi oggi all’Italia con rinnovata fiducia e stima, e ciò è dovuto sicuramente alla sua saggia e coraggiosa azione governativa.
A scriverLe è il Vescovo della Locride: non ho referenze tali da poter giudicare la sua azione di governo, né di poter dire se veramente quanto il Governo sta decidendo servirà a creare futuro per l’Italia.
Non ho fatto studi di economia, né di politica: ho insegnato per molti anni storia e filosofia nei licei di Stato, ed ho lasciato tale lavoro nel 1995, dopo 23 anni, perché mi è stato chiesto un servizio all’interno della Chiesa, non più compatibile
con l’insegnamento. Da quattro anni la bontà del Santo Padre mi ha inviato come Vescovo nella Locride.
Quanto sto per scriverLe, Signor Presidente, forse sarà espressione della mia ignoranza economica e politica, però Le assicuro che esprime il pensiero della gente che vedo, che ascolto, con la quale condivido alcuni drammi.
Le difficoltà economiche stanno imponendo duri sacrifici a tutti, ma noi nella Locride le stiamo vivendo in maniera drammatica, perché per tanti aspetti, che ora indicherò, qui non si è trattato di ridimensionare quanto si aveva, ma di perdere tutto. Dico tutto, senza retorica, perché certi tagli hanno comportato la perdita delle ragioni stesse per ipotizzare futuro.
La conformazione geografica della Locride comporta una serie di centri costieri lungo la fascia Jonica, il più grosso dei quali, Siderno, conta circa 16.000 abitanti. Poi c’è l’entroterra delle zone preaspromontane e aspromontane costituito da numerosi piccoli centri con lunga storia alle spalle, che stanno lentamente morendo.
La crisi in atto sta accelerando la loro fine: la perdita dei servizi più elementari, quali i presidi sanitari, le scuole materne, gli sportelli postali per le pensioni degli anziani, scoraggiano la permanenza delle giovani coppie in questi luoghi. Tutti fuggono verso la costa, creando le premesse di problemi molto più gravi, sia dal punto di vista economico che da quello sociale, dei quali prenderemo coscienza nei prossimi anni, quando forse tutto sarà compromesso: aggravamento del dissesto idrogeologico, criminalità, perdita di radici storiche, abbandono della piccola agricoltura, che ora integra il reddito, nuovi problemi nei paesi di approdo a  causa della casa e del reddito insufficiente, denatalità in crescita, rapido invecchiamento della popolazione, definitiva perdita di interesse per l’agricoltura, il cui ritorno sarebbe un vero sbocco produttivo per la zona.
Quel che può apparire oggi un guadagno per lo Stato, riducendo i servizi, verrà pagato in altro modo. La verità è che la logica dei numeri è disumana, perché una cosa è stabilire un numero massimo e minimo di alunni in una città, altro nei piccoli centri della Locride, dove anche le strade che uniscono alla costa sono solo una parvenza di esse o tragico ricordo.
La Locride è stata condannata all’isolamento: treni soppressi (si faccia dire che peripezie affrontare per muoversi con i pubblici servizi), l’unica strada di collegamento con il nord della Calabria è la fatidica Strada Statale 106 in attesa da oltre 20 anni per essere ‘ammodernata’, pubblici uffici sempre più centralizzati. Si dice che sono le esigenze della moderna organizzazione dello Stato. Locri è al centro della Locride: per arrivare a Reggio Calabria sono necessarie due ore di treno.
La crisi economica ha elevato moltissimo la fascia della povertà; lo sanno gli sportelli della caritas Diocesana e quelli delle caritas parrocchiali. Le piccole aziende, che ancora reggono il sistema economico della Locride, avrebbero bisogno di agevolazioni e di un nuovo rapporto basato sulla fiducia e sulla trasparenza tra banche e mondo imprenditoriale (mi informano che qui da noi i tassi dati dalle banche sono elevatissimi).
Signor Presidente, so che l’angustiano problemi ben più rilevanti di quelli della Locride: de minimis non curat praetor. Lo so: a chi può interessare il nostro territorio, tristemente famoso per altri problemi più gravi, che si stanno estendendo a macchia d’olio nel nord opulento. Siamo considerati zavorra, peso inutile; forse si gioirebbe se non ci fossimo. Ma, purtroppo per tanti, ci siamo e dobbiamo risolvere i nostri problemi. Perciò ho sentito il bisogno di scriverLe per metterLa al corrente. Un Vescovo non può fare altro: ascoltare il gemito dei poveri e presentarlo a chi di dovere.
E’ necessario dare fiducia ai nostri giovani perché non lascino la nostra terra; purtroppo, uno dopo l’altro, stiamo perdendo tutti i giovani laureati, sui quali i genitori hanno investito tutti i loro risparmi: defraudati doppiamente.
Signor Presidente, ho concluso la quarta Settimana Santa nella Locride, la prima è stata nel 2009. Ancora una volta ho parlato alla gente al Venerdì Santo in pubblica piazza, esortando tutti alla coerenza di vita e all’impossibilità di far coesistere illegalità, crimine e religiosità. Non è difficile a Locri per un Vescovo parlare di legalità e di condannare la criminalità; difficile è dare speranza.
Auguri ancora per la Pasqua celebrata.
Dio La benedica per tutto quanto fa per l’Italia intera.

+ p. Giuseppe Fiorini Morosini
Vescovo di Locri-Gerace

2 commenti:

  1. Non può non essere condivisa la bellissima e toccante lettera del vescovo Morosini. E’ confortante sapere quanto un Pastore è cosciente e condivide i problemi dei suoi fedeli.

  2. Grazie, infinitamente grazie al vescovo Morosini. Vivo a Milano, ma conosco benissimo quei problemi avendo per anni gustato “il più bel mare del mondo”, il mare Jonio da Melito Porto Salvo a Siderno.
    Grazie a Morosini per la sua forza, per il coraggio, per la trasparenza del linguaggio e della comunicazione, doti rare anche nel giornalismo.
    Dicono che il Vaticano e i preti non devono interessarsi di politica, ma se tutti i politici fossero come il vescovo Morosini, l’Italia oggi non sarebbe in crisi.

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