LA LETTERA - Pietro Comito: “Messo all’angolo in un passaggio societario che è meglio al momento definire solo oscuro”

Discriminato da Calabria Ora perché “fissato a scrivere di mafia”

Pietro Comito

Caro Direttore, leggo con rammarico e stupore la lettera che ti inoltra il collega Lucio Musolino, il quale, nell’intervenire sul licenziamento dei colleghi di “Calabria Ora”, Claudio Labate e Francesco Pirillo, censura l’accostamento del suo nome “fatto da chi, allora, ha preferito scelte diverse” contribuendo al suo “isolamento – scrive – all’interno della redazione”.
Bene, visto che a me piace “fare i nomi”, l’accostamento è stato operato dal sottoscritto – Pietro Comito, già caposervizio di Musolino a Reggio Calabria – per criticare il perdurante silenzio e l’inerzia di Piero Sansonetti di fronte ad una decisione (ancora una volta solo dell’editore?) di gettare in mezzo alla strada altri due padri di famiglia oltre che seri professionisti.
Se ciò ha turbato il collega Lucio me ne dispiaccio e gli porgo le mie scuse. D’altronde, visto che il collega insinua che il sottoscritto “allora ha fatto scelte diverse” e avrebbe, sempre a suo dire, contribuito al suo “isolamento all’interno della redazione”, è bene chiarire.
In primo luogo non ho seguito Paolo Pollichieni e gli altri colleghi che, nel luglio del 2010, hanno lasciato “Calabria Ora” per protestare contro il tentativo d’ingerenza operato dall’editore nella fattura del giornale. Non li ho seguiti e, attenzione, non l’ha fatto neppure Lucio Musolino, che non s’è dimesso, ma è stato licenziato qualche mese dopo. Licenziamento che, tra l’altro, ha pure impugnato, mi pare.
Bene, scelsi di restare, nonostante un pesantissimo conflitto interiore, non perché non condividessi le ragioni di Pollichieni e degli altri, tutt’altro. Pollichieni, per quanto mi riguarda, è stato un direttore straordinario. Un uomo libero, che se sbagliava, sbagliava lui. Soprattutto un direttore capace, che comandava la redazione e non permetteva neppure all’editore di metterci piede. Aveva un caratteraccio, è vero, e quando ti rimproverava tremavano i muri, ma era un direttore vero, direttore direttore, che conosceva la Calabria e che proteggeva i suoi giornalisti.
Gli altri fuoriusciti sono stati, invece, la squadra migliore con la quale abbia mai lavorato. Non li ho seguiti perché ero l’unico ad essere sposato, padre di un bimbo di pochissimi mesi e, come mi disse mia moglie, “nel biberon del piccolo non mettiamo certo la tua dignità”.
Sapevo che Barbara e gli altri erano in grado di mettere su un giornale in pochi mesi, così come hanno fatto, ma il dubbio, anche minimo, di restare senza una fonte di sostentamento per la mia famiglia, mi devastava. E’ stata questa la mia colpa, sono stato già condannato e la pena l’ho espiata abbastanza. Infierite ancora, se vi va. Comunque, ecco perché restai. Perché è rimasto Lucio a “Calabria Ora”, invece, ad oggi ancora non lo so, visto che non l’ha mai spiegato. E’ stato licenziato (proprio come me) dopo, non s’è dimesso, non ha seguito Pollichieni e gli altri.
Quanto al suo isolamento in redazione, al quale il sottoscritto, sempre a suo dire, avrebbe contribuito, dimentica che il primo attestato di solidarietà, manifestato con una furibonda lettera di protesta inviata a Sansonetti dopo l’intervista che questi fece a Scopelliti (il quale non si fece scappare l’occasione per insultare Lucio) lo mandai io, solo io, autografato. Io che poi, con Mirella Molinaro e i colleghi di Gioia Tauro, tutti rimasti a “Calabria Ora”, assieme ad altri colleghi esterni, firmai pure un documento di solidarietà pubblico diffuso sulle agenzie di stampa.
Ora, un conto è schierarsi con Lucio dall’esterno, un conto è farlo dall’interno, e pubblicamente, nel giornale della famiglia Citrigno. E poi, dimentica Lucio (che ha memoria corta, ma che è un cronista di indiscutibile valore), quanti furono i servizi censurati da Sansonetti sulle infiltrazioni mafiose al Comune di Reggio Calabria che provai a rimpastare in più stesure affinché in un modo o nell’altro fossero pubblicati, senza mai – purtroppo – superare lo scoglio della censura sansonettiana. Lui con Sansonetti non ci parlava, ed ero io a dover provare a fare da mediatore culturale tra i due. Altro che isolamento…
Bene Direttore, mi perdonerai se mi rivolgo direttamente a Lucio. Caro Lucio, quando sei stato licenziato, hai commesso un gravissimo errore. Hai trattato – pubblicamente – tutti noi che siamo rimasti, per bisogno, per necessità, perché magari avevamo altri obblighi, oltre quelli verso noi stessi, come se fossimo dei servi, degli schiavi, proni al padrone e al suo nuovo direttore. Ci hai trattato quasi come fossimo dei mafiosi. Tu puro, noi corrotti. Beh, hai sbagliato.
Io sono stato licenziato e ho chiesto che non mi venisse espressa solidarietà pubblica, che non si armassero putiferi mediatici, benché un po’ di sputtanamento per la condotta assunta tanto dai padroni di “Calabria Ora” quanto da Piero Sansonetti, che in televisione va a fare il fenomeno salvo assistere allo stupro dei diritti delle persone che lavorano con lui e stare in silenzio, l’avrei desiderato, eccome. Te l’immagini: “Il giornale di Sansonetti colpisce ancora, altro giornalista, minacciato dalle cosche, licenziato”. E invece sono stato zitto, non ci ho speculato. Io non mi sento migliore di chi è rimasto a “Calabria Ora” o di chi se n’è andato.
Mi sento, comunque, una persona perbene ed un giornalista che ha provato a fare il suo lavoro tenendo la “schiena dritta” (espressione che ti è particolarmente cara). E, se dici che io avrei contribuito al tuo isolamento in redazione, dici il falso. E’ stata la mia ostinazione a non mollare e a rimanere fedele al nostro modo di intendere il giornalismo a rendere la mia successiva permanenza a “Calabria Ora” ancora più insostenibile. E non me ne pento.
Discriminato, come te, perché “giornalista delle Procure”, perché “amico dei pm”, perché “giustizialista”, perché “è fissato a scrivere di mafia”. Messo all’angolo, quando mi è stato proposto l’ennesimo trasferimento ed il cambio di contratto, nell’ambito di un passaggio societario, che è meglio al momento definire solo oscuro, ho rifiutato e sono stato licenziato.
Discriminato da “Calabria Ora” perché ero come voi, rinnegato da voi perché rimasto a “Calabria Ora”. Ricoperto di fango, anche da te. Ma oggi non mi rimprovero nulla, neppure la manfrina se dimettermi o no: ho resistito un anno e mezzo, ho guadagnato tempo e pane per la mia famiglia. Se un giornale serio mi darà lavoro bene, altrimenti, caro Lucio, vado ad impastare cemento. Se il giornalismo in Calabria è quello che ho visto fino a poche settimane fa, ci sarà molta, molta più dignità.
Ti abbraccio Lucio e, anche se stavolta l’hai sparata proprio grossa, ti auguro davvero ogni bene.

Pietro Comito

https://www.giornalisticalabria.it/2012/03/31/calabria-ora-licenziati-per-il-“no”-al-contratto-capestro/

https://www.giornalisticalabria.it/2012/04/05/calabria-ora-non-ottempera-alle-sentenze-del-giudice/

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