

In assenza della “Tribune”, infatti, resterebbe solo “Les Echos”, il quotidiano economico di proprietà di Bernard Arnault, il patron di Lvmh.
“La crisi del debito sovrano in Europa -affermano il comitato di redazione della Tribune – mette l’economia al centro dell’attualità. La minaccia che pesa sul quotidiano è anche una minaccia per la qualità dell’informazione e la libertà della stampa”.
Proprio per questo, sostiene il Comitato di redazione, “i progetti di acquisizione devono essere ambiziosi per sviluppare un quotidiano economico e finanziario che resti un riferimento nel panorama mediatico francesi. Ridurre o sopprimere la stampa del quotidiano cartaceo avrebbe come conseguenza solo la diminuzione della sua diffusione e la riduzione delle sue risorse, nel momento in cui La Tribune si avvicinava all’equilibrio finanziario”.
I dipendenti del quotidiano, infatti, temono i progetti che prevedono la scomparsa dell’edizione cartacea in cambio di un’edizione 100% online che metterebbe a rischio i livelli occupazionali e il prestigio del quotidiano. I candidati all’acquisizione del quotidiano, in rosso da due anni (8,9 milioni nel 2010 e 5,5 milioni nel 2011), hanno tempo fino al 16 dicembre per presentare le loro offerte dopo che la presidente del giornale economico, Valerie Decamp, lo scorso 24 novembre, ha deciso di avviare la procedura fallimentare.
Tra il 15 e il 30 gennaio il nome del nuovo proprietario del quotidiano dovrebbe essere annunciato. Se nessuna offerta sarà giudicata ricevibile “La Tribune” fallirà. Fondato nel 1985, “La Tribune” ha cambiato proprietà numerose volte.
Dopo la guida di “L’Expansion”, il giornale è stato detenuto da Georges Ghosn nel ’92, Lvmh nel ’93, Alain Weill nel 2008. Nel 2010 Weill decide di cedere il quotidiano alla direttrice generale Valerie Decamp per un euro simbolico.
Attualmente lavorano al quotidiano, la cui tiratura è di 75.070 copie, 170 dipendenti, di cui 80 giornalisti. A cliccare sul sito del quotidiano ogni mese sono ben 4,4 milioni di visitatori. (Adnkronos)