ROMA – Ieri nessuna votazione, il ddl intercettazioni torna in Aula mercoledì. Si è conclusa così la prima giornata di lavori parlamentari sul testo, sul quale ancora non si sa se il governo porrà la questione di fiducia, ipotesi non del tutto esclusa ad esempio dal vicepresidente vicario del Pdl a Montecitorio, Massimo Corsaro, secondo cui “è probabile”.
La seduta, convocata per le 10 – in cui si è discusso per circa due ore del complesso degli emendamenti – è stata aperta e subito sospesa fino alle 11 su richiesta del nuovo relatore di maggioranza, Enrico Costa (Pdl), per poter consentire l’esame da parte del comitato ristretto dei sub-emendamenti al testo. Immediata a quel punto la protesta del Pd, che ha denunciato il tentativo di “perdere tempo” a causa dell’incertezza sui numeri della maggioranza in Aula.
La maggioranza, dal canto suo, avrebbe preferito non procedere a votazioni per non peggiorare la situazione – è quanto viene riferito da fonti Pdl – dopo le dimissioni della presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno (Fli), dal ruolo di relatrice.
Ieri l’altro, infatti si è consumato lo strappo tra Pdl e Terzo Polo a causa di due emendamenti, presentati dal gruppo di maggioranza: uno vieta la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni fino all’udienza-filtro, l’altro prevede il carcere per chi riporta ascolti irrilevanti. E ieri le polemiche non sono finite.
“Grazie alla nostra opposizione di merito – afferma Donatella Ferranti, capogruppo Pd nella commissione Giustizia della Camera – la maggioranza sta perdendo le proprie certezze: la Lega non è poi così sicura su questo provvedimento e comprende che serve solo ad accontentare le richieste di Berlusconi per nascondere agli italiani i suoi rapporti con escort e faccendieri.
In questo senso l’annunciato ricorso alla fiducia sarebbe l’unico escamotage per nascondere la debolezza della maggioranza. Ritirino il provvedimento”. Per il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, non c’è stata nessuna ”accelerazione nell’iter del ddl sulle intercettazioni, il provvedimento è in Parlamento da più di due anni. Oggi alla Camera abbiamo discusso del complesso degli emendamenti e non abbiamo votato ma la maggioranza era fortemente presente in Aula. Semplicemente – conclude – è in corso un confronto politico con l’opposizione e non abbiamo voluto forzare i tempi dei lavori perché c’è un dibattito in atto”.
La maggioranza alla Camera “non ha voluto andare alla prova di forza con un voto”, afferma Roberto Rao dell’Udc, che ricorda di ”aver dato già un segnale di disponibilità con il ritiro in aula della nostra pregiudiziale portando tutto il Terzo Polo verso l’astensione” e chiude al dialogo se la maggioranza continua a stare “su posizioni vendicative e punitive verso i magistrati e censorie verso la stampa”. Dalla maggioranza, conclude l’esponente centrista, “non abbiamo visto un comportamento costruttivo”.
La seduta, convocata per le 10 – in cui si è discusso per circa due ore del complesso degli emendamenti – è stata aperta e subito sospesa fino alle 11 su richiesta del nuovo relatore di maggioranza, Enrico Costa (Pdl), per poter consentire l’esame da parte del comitato ristretto dei sub-emendamenti al testo. Immediata a quel punto la protesta del Pd, che ha denunciato il tentativo di “perdere tempo” a causa dell’incertezza sui numeri della maggioranza in Aula.
La maggioranza, dal canto suo, avrebbe preferito non procedere a votazioni per non peggiorare la situazione – è quanto viene riferito da fonti Pdl – dopo le dimissioni della presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno (Fli), dal ruolo di relatrice.
Ieri l’altro, infatti si è consumato lo strappo tra Pdl e Terzo Polo a causa di due emendamenti, presentati dal gruppo di maggioranza: uno vieta la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni fino all’udienza-filtro, l’altro prevede il carcere per chi riporta ascolti irrilevanti. E ieri le polemiche non sono finite.
“Grazie alla nostra opposizione di merito – afferma Donatella Ferranti, capogruppo Pd nella commissione Giustizia della Camera – la maggioranza sta perdendo le proprie certezze: la Lega non è poi così sicura su questo provvedimento e comprende che serve solo ad accontentare le richieste di Berlusconi per nascondere agli italiani i suoi rapporti con escort e faccendieri.
In questo senso l’annunciato ricorso alla fiducia sarebbe l’unico escamotage per nascondere la debolezza della maggioranza. Ritirino il provvedimento”. Per il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, non c’è stata nessuna ”accelerazione nell’iter del ddl sulle intercettazioni, il provvedimento è in Parlamento da più di due anni. Oggi alla Camera abbiamo discusso del complesso degli emendamenti e non abbiamo votato ma la maggioranza era fortemente presente in Aula. Semplicemente – conclude – è in corso un confronto politico con l’opposizione e non abbiamo voluto forzare i tempi dei lavori perché c’è un dibattito in atto”.
La maggioranza alla Camera “non ha voluto andare alla prova di forza con un voto”, afferma Roberto Rao dell’Udc, che ricorda di ”aver dato già un segnale di disponibilità con il ritiro in aula della nostra pregiudiziale portando tutto il Terzo Polo verso l’astensione” e chiude al dialogo se la maggioranza continua a stare “su posizioni vendicative e punitive verso i magistrati e censorie verso la stampa”. Dalla maggioranza, conclude l’esponente centrista, “non abbiamo visto un comportamento costruttivo”.