I consiglieri nazionali del Molise, Vincenzo Cimino e Cosimo Santimone, contro l’assurda mortificazione

Giornalisti pubblicisti, non abbassiamo la guardia

Cosimo Santimone

Vincenzo Cimino

CAMPOBASSO – “La Legge n. 69 del 3 febbraio 1963 prevede che il Consiglio regionale dell’Ordine sia composto da 6 professionisti e 3 pubblicisti, mentre il Consiglio nazionale sia formato nelle piccole realtà da 2 professionisti e 1 pubblicista, e che i seggi ulteriori scattino ogni 1000 pubblicisti e in ragione di 500 professionisti”.
Vincenzo Cimino e Cosimo Santimone, consiglieri nazionali dell’Ordine dei giornalisti, eletti in Molise, ricordano che, ad esempio, la loro regione “pur con una sessantina di professionisti ne determina 2, mentre circa 500 pubblicisti, 1 soltanto (la proporzione si commenta da sola).
La legge attualmente in discussione, con regolamento adottato con decreto ministeriale da emanare nei 90 giorni, previo parere delle Camere, prevede in totale un Consiglio di 90 membri, dei quali 60 professionisti e 30 pubblicisti. Così come formulata, la proposta ha solo l’effetto di ridurre il numero dei pubblicisti, senza salvaguardare la rappresentatività dell’assemblea, eletta tra l’altro da una marcata rappresentanza di giornalisti pubblicisti”.
“A tal riguardo ben 80 consiglieri nazionali, compresi i sottoscritti – ricordano Cimino e Santimone -presentarono il 31 marzo scorso un documento nel quale dissentirono circa le modifiche numeriche, visto che al Consiglio nazionale la rappresentanza dei pubblicisti è sostanzialmente in parità (73 pubblicisti e 77 professionisti). L’attuale criterio di composizione, regolato da fonte normativa, assicura un equilibrio costante, una rappresentanza su base territoriale certa, secondo saldi principi democratici e una proporzione di eletti in forza alla regolare progressione che scaturisce dagli iscritti.
Un Consiglio che, dunque, rispetta le varie articolazioni territoriali e le dimensioni di ogni regione. Pertanto, il cambiamento proposto modifica l’equilibrio e non garantisce equa partecipazione e peso decisionale tra pubblicisti e professionisti ed incide sugli organi di governo del Consiglio e sulle varie articolazioni delle commissioni e dell’esecutivo.
In questo modo il consesso si discosterebbe dalla realtà dei vari Ordini dove i pubblicisti rappresentano un numero maggiore, una forza rilevante anche in termini di cassa ed esperienze professionali.
Alla luce di quanto esposto, non si può giustificare tale cambiamento che, nei fatti, dimezza e mortifica i pubblicisti, non rende giustizia all’intero Ordine, che discrimina migliaia di colleghi tagliati fuori dalle decisioni dell’Ordine nazionale.
Per questo motivo, nel corso del Consiglio nazionale del 22 settembre, è stato presentato al presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine un documento ideato dal collega del Lazio, Luigi Nota Cerasi, e firmato da numerosi colleghi (noi in prima fila) che tende a ridisegnare equità di rappresentanza. Anche perché senza i pubblicisti l’Ordine non avrebbe i numeri per sopravvivere, sia nel nazionale che nei vari Consigli regionali. Ci si augura che il documento sia recepito”.

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