E’ di 35 feriti il bilancio degli scontri. Il 25 luglio scorso c’era stata la manifestazione davanti al Cie

Immigrati in rivolta a Bari: sassi contro i giornalisti

Raffaele Lorusso e Nichi Vendola, il 25 luglio davanti al Cie di Bari

BARI – Immigrati in rivolta a Bari. Armati di spranghe di ferro, circa 150 immigrati del Centro di accoglienza di Bari-Polese hanno dato alle fiamme mobili e suppellettili all’interno del centro e, riservatisi sulla Statale 16 bis, hanno assaltato un autobus dell’Amtab e dato vita ad una sassaiola contro le forze dell’ordine ed i giornalisti.
Bloccata anche la ferrovia. Gli immigrati hanno, infatti, appiccato il fuoco a molti cespugli lungo la linea ferrata e bloccato in più punti i binari con traversine di cemento.
La polizia, per disperdere i manifestanti, ha usato gli idranti. Il bilancio degli scontri è di 35 feriti.
La protesta nella struttura pugliese, che ospita 1200 immigrati, è scaturita dalla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiati politici e dalla relativa regolarizzazione.
Il 25 luglio scorso, “per rivendicare il diritto dovere dei giornalisti di raccontare alla gente cosa c’è e cosa avviene all’interno delle strutture per migranti”, i giornalisti pugliesi hanno manifestato davanti al Centro identificazione e espulsione (Cie) di Bari, chiedendo il ritiro della circolare dell’1 aprile scorso con cui il ministro dell’Interno vieta ai giornalisti l’ingresso nei Cie e Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo).
L’iniziativa, promossa dall’Assostampa Puglia, presieduta da Raffaele Lorusso, rientrava nell’ambito della Giornata di mobilitazione nazionale indetta dalla Fnsi e dall’Ordine nazionale dei giornalisti, in contemporanea con Torino, Milano, Modena, Roma e Trapani.
Per il presidente di Assostampa Puglia, Raffaele Lorusso, “impedire qualcosa significa alimentare sospetti. All’interno dei centri per i migranti – ha spiegato – i giornalisti vanno a fare il loro lavoro: vanno a raccontare e non a creare disordini”. Disordini che, purtroppo, adesso sono stati creati dagli immigrati, coinvolgendo anche i giornalisti che non chiedono altro che raccontare le loro storie di miseria e abbandono.

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