Per il premier è sempre tutta colpa dei giornali: “Una straordinaria tenaglia dei media”

La debacle di Berlusconi? Colpa della stampa

Silvio Berlusconi e Bruno Vespa a Porta a Porta

Federico Garimberti

ROMA – Il risultato delle amministrative ancora brucia e il lunedì nero di Berlusconi è ancora troppo vicino per poterlo archiviare. Ma Silvio Berlusconi, dopo l’amara – e difficile – ammissione a caldo della sconfitta, consegnata ai giornalisti a Bucarest, spiega con più calma che alla fine è quasi normale “pagare dazio” nelle urne per chi sta al Governo.
“Abbiamo fatto un’analisi senza indulgenze”, spiega ai giornalisti assiepati nel parlamentino di palazzo Grazioli che registravano la “rivoluzione” di Berlusconi che per la prima volta in 16 anni dota il proprio partito di un segretario (Angelino Alfano).
Ma è un’analisi, aggiunge subito dopo, che viene fatta “senza depressioni: abbiamo pagato dazio perché siamo al governo”, dice lasciando intendere che la crisi economica ha avuto il suo peso. Sì, lascia intendere. Perché invece, a parole, scandisce chiaro e tondo che ad aver influenzato – e pesantemente – il risultato elettorale, sono stati i media.
C’é stata, è l’accusa del Cavaliere, una “straordinaria tenaglia dei media”, di “tutta la stampa e i giornali” in modo “inaccettabile”. Talmente inaccettabile che, promette il presidente del Consiglio “non accadrà mai più: ci impegneremo in Parlamento perché ciò non si ripeta”. Il dito, senza sorprese, viene puntato sulle trasmissioni Rai, come Annozero che “mistifica e falsifica”.
Talmente tanto da far dire a Berlusconi che anche un elettore del centrodestra, vedendo certi servizi, “micidiali”, non avrebbe votato per il Pdl. Berlusconi, però, non nasconde il momento di difficoltà pur sottolineando che nonostante la debacle “il Pdl è sempre un grande partito, determinante” che viene ancora premiato dai sondaggi “che ci danno 4 punti sopra il Pd”.
Una puntualizzazione che giunge dopo aver visto che le proprie autocritiche, gli “atti di accusa nei confronti di noi stessi”, sono stati poi letti da “qualche giornale come se il partito fosse sull’orlo dell’implosione. Nulla è più lontano dal vero di questo”, scandisce il premier dicendo che “al di là di inopportune manifestazioni di divisioni su questo o su quel punto, il nostro è un partito compatto e unito”.
E se qualcuno dice il contrario, sembra sfidare il Cavaliere, si vada a vedere cosa succede in casa altrui dove c’é un “Pd che fa festa in modo patetico perché nessuno dei candidati che ha vinto gli appartiene…”. Ma contro gli avversari, almeno stasera, niente di più. Stasera, tutta la scena, è dedicata alla sua piccola rivoluzione e al suo delfino Alfano.
L’entusiasmo del futuro segretario del Pdl (“da oggi si riparte, ci candidiamo a vincere nel 2013” lo fa sorridere e quasi compiere una nuova retromarcia rispetto ad una sua futura rinuncia alla premiership nel 2013: “Per decidere questo – spiega ai cronisti – è ancora presto”. Così come è ancora presto parlare di primarie sulle quali aveva lasciato solo ieri uno spiraglio aperto.
Pur tra mille cautele. E per cautela, ma forse più ancora per tattica politica, annuncia quella libertà di voto che il Pdl lascerà al referendum che, in questo modo, impedirà alle opposizioni di «berlusconizzarne» gli esiti. E’ un referendum sul nucleare, spiega, e “non abbiamo posizioni preconcette”. Di referendum su Berlusconi, insomma, non è più – o non ancora – il momento.

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