1° MAGGIO - Attenzione del Presidente della Repubblica su precariato e occupazione giovanile

Lavoro: Napolitano dice “grazie” al Sindacato

Napolitano, stamani al Quirinale, con una rappresentanza di giovani precari

ROMA – “Lo sviluppo economico e la sua qualità sociale, la stessa tenuta civile e democratica del nostro paese, passano attraverso un deciso elevamento dei tassi di attività e di occupazione, un accresciuto impegno per la formazione e la salvaguardia del capitale umano, un’ulteriore valorizzazione del lavoro, in tutti i sensi. Questo discorso riguarda in special modo i giovani, fa tutt’uno con le risposte da noi tutti dovute alle aspettative per il futuro delle giovani generazioni”. Lo ha detto, oggi, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso celebrativo della Festa del lavoro al Quirinale.
Il Capo dello Stato, infatti, ha richiamato i dati relativi ai giovani tra i 15 e i 29 anni: “E se spesso l’accento è stato posto sulla precarietà dell’occupazione dei giovani – calcolati in 800 mila – con contratti di lavoro a tempo determinato, quel che deve allarmare e richiede il massimo sforzo di riflessione, è il dato dei quasi 2 milioni di giovani fuori di ogni tipo di occupazione, ormai fuori dal ciclo educativo e non coinvolti nemmeno in attività di formazione o addestramento. Quest’area, definita con l’acronimo Neet, Not in Employment Education or Training, è composta di circa 700 mila disoccupati e in misura quasi doppia di inattivi”.
Per poter aprire nuove prospettive di occupazione in tutto il paese, per il Presidente Napolitano è imperativo “riuscire a intervenire su cause strutturali di ritardo della nostra economia. Ed è imperativo farlo in uno col perseguimento di obbiettivi tanto obbligati quanto ardui – concordati in sede europea – di rientro dell’Italia dalla situazione di disavanzo eccessivo e di riduzione del peso del debito pubblico”.
Il Capo dello Stato si è chiesto se, dinanzi all’evidenza, “l’insieme delle parti sociali e delle forze politiche” abbia “piena consapevolezza e concentri come dovrebbe la propria attenzione sulle più ambiziose proposte di riforma – come quella fiscale – delineate dal governo e sulle indicazioni da esso prospettate con impegno per quel che riguarda le politiche e azioni più rilevanti ai fini dell’occupazione, della formazione del capitale umano, dell’evoluzione dei rapporti tra mondo dell’impresa e mondo del lavoro. E’ davvero aperto e da esplorare con spirito propositivo il campo delle reali possibilità o condizioni di successo tanto degli obbiettivi ineludibili di consolidamento dei conti pubblici quanto degli obbiettivi di crescita più sostenuta, guardando alle situazioni più preoccupanti – soprattutto, si deve ribadirlo, il Mezzogiorno dove è stata drammatica la perdita di posti di lavoro – e alle esigenze e domande delle giovani generazioni”.
Per il Presidente “tra le condizioni di successo di un programma necessariamente ambizioso e innovativo, c’è certamente quella dell’avvio di un nuovo clima di coesione sia politica sia sociale. E a quest’ultimo proposito, mi riferisco sia alle relazioni tra le diverse parti sociali sia alle relazioni tra i sindacati dei lavoratori. Sarebbe, sia chiaro, fuorviante e irrealistico immaginare il superamento di naturali contrasti tra mondo delle imprese e mondo del lavoro, o di motivi di attrito e competizione tra le diverse organizzazioni dei lavoratori. Ma mi domando – ed è una domanda che può riferirsi anche alle relazioni tra le forze politiche: è inevitabile l’attuale grado di conflittualità, è impossibile l’individuazione di interessi e di impegni comuni? Si teme davvero che possa prodursi un eccesso di consensualità, o un rischio di cancellazione dei rispettivi tratti identitari e ruoli essenziali?”.
“E’ sufficientemente chiaro – ha proseguito il Capo dello Stato – il bisogno che io avverto già da tempo di un richiamo alla durezza delle sfide che ci attendono e già ci incalzano, mettendo alla prova, ed esponendo a incognite gravi, tutti gli attori sociali e politici e in definitiva il profilo storico, il peso, il futuro della nazione. Sembra quasi, talvolta, che l’accogliere oppure no, il far propri sinceramente oppure no quei miei richiami, o comunque si vogliano definirli, sia una questione di galateo istituzionale o un esercizio di ipocrisia istituzionale. Ma è ai fatti, e alle conseguenti responsabilità, che sempre meno si potrà sfuggire senza mettere a repentaglio quel qualcosa di più grande che ci unisce, quel comune interesse nazionale che non è un ingannevole simulacro, e senza finire per pagare prezzi pesanti in termini di consenso”.
Napolitano, ha sottolineato come “la nostra storia – a partire dal 1944 e nonostante periodi di rottura e divisione – ci dice quel che l’unità sindacale ha dato ai lavoratori, alla democrazia, al Paese. La rinuncia a sforzi pazienti di ritessitura quando si producano lacerazioni e diventino indispensabili dei ripensamenti, può portare solo al peggio, dal punto di vista del peso e del ruolo del lavoro e delle sue rappresentanze”.
E il Presidente della Repubblica ha voluto, in positivo, “citare – trattandosi di tema che mi è stato e mi è particolarmente caro, nella sua persistente drammaticità – l’influenza che i sindacati hanno esercitato essendo uniti, per garantire più sicurezza sul lavoro. Registriamo così anche quest’anno risultati positivi, per effetto di provvedimenti legislativi e di comportamenti più responsabili che i sindacati hanno sollecitato, promuovendo un clima innovativo anche sul piano giurisprudenziale”.

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