CATANZARO – Organizzato dall’Ordine regionale dei giornalisti, si è svolto a Catanzaro, nel salone della Casa delle Culture, un convegno sul tema: “Unità d’Italia e questione meridionale: vincitori, vinti, giornalismo e storiografia”, moderato dal presidente Giuseppe Soluri.
Dopo i saluti appassionati del prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, del presidente della Provincia, Wanda Ferro, del sindaco di Catanzaro, Rosario Olivo e del Rettore dell’Università di Catanzaro, Francesco Saverio Costanzo, il consigliere nazionale dell’Ordine, Natalino Bianco, ha introdotto l’incontro, sottolineando come sia necessaria una lettura della storia che metta in evidenza le ragioni della parte meridionale e che ripristini la verità sugli accadimenti che hanno accompagnato il processo di unificazione. Ha, quindi, ricordato le deportazioni dei soldati borbonici nei campi di concentramento in alcune località del nord e il confino nelle isole, ma anche le spoliazioni compiute nei confronti del Regno delle Due Sicilie per ripianare il debito dello Stato piemontese.
Il tema dell’incontro è stato affrontato da Lorenzo Del Boca, giornalista e storico, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, il quale ha precisato che è indispensabile, soprattutto nel momento attuale, scarnificare il passato, perché si può essere realmente patrioti solamente dicendo la verità. “Non si può sottacere – ha sottolineato – che il Sud è stato trattato come una colonia, perché il meridione ha finito per essere completamente depredato a favore del Piemonte. Ed anche l’esaltazione storiografica per il ruolo svolto dagli aiuti provenienti dagli Stati esteri deve essere ricondotta ad una più corretta valutazione: il ruolo della Francia e dell’Inghilterra non può essere considerato solo nobile espressione di solidarietà politica e civile, in quanto determinato anche se non soprattutto da interessi economici e strategici, in linea con la politica di espansione condotta nel corso dell’Ottocento da quei due Stati”.
Il prof. Alberto Scerbo, docente dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, si è soffermato, invece, sul fenomeno del Brigantaggio in Calabria. Attraverso una analisi storica, sociologica e giuridica, il relatore ha messo in evidenza come possa essere ritenuto l’effetto di un intreccio di motivi sociali, economici e politici: “può essere definito – ha affermato – come la rivolta della disillusione, della reazione di chi ha perso le speranze, che si combina con la rabbia, lo sdegno, la nostalgia e gli interessi privati.
Scerbo ha richiamato, poi, alcune pagine dell’autobiografia di Carmine Crocco, da cui si evince che il brigante raccoglie in sé tutte le diverse, ma coincidenti, forme di disagio, personali e collettive, oltre tutti i differenti modi di protesta contro l’ingiustizia del potere, che si accompagnano alle motivazioni personali prive di autentica idealità. “Ciò – ha specificato – non giustifica la reazione piemontese al brigantaggio e l’uso di metodi polizieschi, che sfociano in una repressione feroce e crudele, pretestuosamente motivata dalla aberrante tesi lombrosiana della “naturale inferiorità della razza meridionale e della conseguente impossibilità di perseguire piani di sviluppo e progresso”.
Lo stesso Scerbo ha accennato, infine, al superamento dell’iniziale fase di illegalità attraverso l’emanazione, nel 1863, della “Legge Pica” sulla repressione del brigantaggio, che ha rivestito di una parvenza di legalità l’azione piemontese nel Mezzogiorno, sebbene mediante metodi illiberali, che hanno garantito l’uso arbitrario del potere e l’applicazione della violenza in modo indiscriminato. Il sangue del sud e le rovine, materiali e morali, del territorio meridionale hanno segnato, quindi, la nascita del Regno d’Italia.
“Rivelare la parte nascosta della storia e recuperare la dignità di un’identità calpestata – ha concluso il docente – diventa, pertanto, oggi, un doveroso atto di giustizia”. “Con questo convegno – ha sottolineato concludendo i lavori il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri, – anche l’Ordine ha inteso dare un contributo, certamente originale e non retorico, per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Unità d’Italia che – ha detto ancora Soluri – rappresenta un valore pregnante e irrinunciabile, che ha riscattato il nostro Paese ed il popolo italiano dopo secoli di dominazioni e di influenza delle potenze straniere. Un valore talmente alto e pregnante che non ha certo bisogno di mezze verità o di retorica a buon mercato per essere affermato e difeso”.