GERUSALEMME (Israele) – “Fino a ieri la situazione era normale, non c’era nessuna avvisaglia di potenziali rapimenti, anzi. Gaza è sempre stato un posto molto sicuro per i cooperanti internazionali perché Hamas in questi anni ha teso a farsi garante della loro sicurezza”.
Simona Ghizzoni, giovane fotografa italiana della Contrasto che da un mese era a Gaza, non si capacita di quello che è successo a Vittorio Arrigoni, il 36enne cooperante italiano sequestrato e poi ucciso dai salafiti della “Brigata dei Valorosi Compagni del Profeta Mohammed bin Moslima”.
La Ghizzoni parla da Gerusalemme, dove si è trasferita questa mattina “su suggerimento dell’ambasciata e della Cooperazione italiana” e conferma che dalla Striscia di Gaza “il personale italiano delle Ong – eravamo rimasti solo in quattro – è uscito tutto: non è rimasto nessuno”.
“Vittorio – ribadisce – era molto apprezzato e integrato, un fervente sostenitore dei diritti umani della popolazione, da tre anni sempre nella Striscia con poche interruzioni: prendendolo in giro, noi gli dicevamo che ormai era palestinese”.
Una fine inspiegabile, “non c’era stata nessuna avvisaglia”, ripete Simona che questa mattina alle 4.30 era all’obitorio dello “Shifa Hospital” a Gaza City. “Ero sveglia e quando ho saputo, con un amico giornalista palestinese, sono andata e l’ho visto. Non era permesso fare foto, sono entrata come amica.
La salma è stata riconosciuta dai colleghi di Vittorio dell’International Solidarity Movement. All’una (le 12 ora italiana, ndr) è iniziata una manifestazione spontanea della società civile in ricordo di Vittorio per quello che gli hanno fatto”, conclude.