Interrogato dal Gip il collaboratore del Corriere del Mezzogiorno arrestato per i verbali secretati di Giampi

Il giornalista Morrone: “Non sono io la talpa”

Giampaolo Tarantini

BARI – “Ha risposto all’interrogatorio dicendo che non è stato lui ad accedere alla rete informatica della Procura e argomentando che tecnicamente non poteva essere lui a farlo per una serie di ragioni”. Lo hanno detto gli avvocati Andrea Di Comite e Michele Laforgia, legali di Andrea Morrone, l’ex consulente informatico della Procura della Repubblica di Bari, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di accesso abusivo alla rete informatica della stessa sede giudiziaria.
Oggi Morrone, che attualmente fa il giornalista come collaboratore della sede di Lecce del “Corriere del Mezzogiorno”, è stato ascoltato dal gip Sergio Di Paola, alla presenza anche dei pm Teresa Iodice e Giuseppe Dentamaro.
L’ex consulente informatico è accusato di aver fornito ai giornalisti di un quotidiano nazionale copia dei file dei verbali di interrogatorio dell’imprenditore barese Giampaolo Tarantini, coinvolto nell’inchiesta su un presunto spaccio di droga e sul presunto “giro” di escort che avrebbe inviato anche nella casa romana del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
I file sarebbero stati copiati dopo aver avuto accesso al computer del pm Giuseppe Scelsi nell’agosto del 2009, mentre la pubblicazione dei verbali su un quotidiano avvenne a settembre di quello stesso anno. I legali hanno insistito “sull’impossibilità tecnica di accedere dalla postazione dalla quale Morrone faceva il consulente al computer dal quale sarebbero stati copiati i file”.
In sostanza, i difensori hanno spiegato che nel periodo in cui Morrone ha lavorato per l’azienda Consit il suo ruolo era quello di assistente all’ascolto dei file audio delle intercettazioni telefoniche: “Dunque, per noi non poteva accedere alle password perché faceva un altro mestiere”.
Al termine dell’interrogatorio, durato circa tre quarti d’ora, i legali di Morrone non hanno chiesto la revoca degli arresti domiciliari perché si ripropongono di farlo dopo aver letto una serie di atti compresi i testi della stessa audizione. I pm vogliono farsi un’idea sulle argomentazioni addotte dall’indagato e confrontarle con quanto hanno acquisito nel corso delle indagini in relazione in particolare al fatto che Morrone ha negato di avere avuto delle password di accesso al sistema informatico. Per questo i suoi legali hanno deciso di aspettare questi accertamenti prima di chiedere la revoca degli arresti domiciliari.

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