IL CAIRO (Egitto) – In Libia la protesta ha toccato Tripoli, dove ieri sera migliaia di persone si sono scontrate con l’esercito e la polizia. I manifestanti anti Gheddafi hanno assaltato la sede della Televisione di Stato libica e dato alle fiamme alcuni uffici pubblici.
Secondo l’emittente araba Al Jazeera, i morti sarebbero almeno 300 e i feriti 700 nella sola Bengasi, dove alcuni reparti militari si sarebbero ammutinati pur di non sparare contro la folla. Gli ospedali di Bengasi hanno lanciato un appello: non sono più in grado di gestire la quantità di feriti. Le testimonianze che arrivano da questa città parlano di “spaventosa carneficina”.
Al Cairo il rappresentante libico presso la Lega Araba si è dimesso dicendo di condividere le ragioni della rivolta. Secondo alcune fonti internazionali, il colonnello Muammar Gheddafi avrebbe già lasciato la Libia con destinazione il Venezuela del presidente Hugo Chavez. Questa ipotesi si basa sul fatto che ieri sera ha parlato alla tv libica Seif al-Islam, il figlio di Gheddafi che è considerato il suo erede politico, ammettendo che il paese rischia la guerra civile e sono necessarie profonde riforme. Toccherebbe a lui tentare un’ultima mediazione con i rivoltosi.
Dopo la Tunisia e l’Egitto, anche la Libia è travolta da un movimento spontaneo, composto soprattutto da giovani, che chiede la democratizzazione istituzionale e sembra non essere guidato da partiti o gruppi organizzati.
Il governo di Tripoli, prima che la situazione interna precipitasse, aveva minacciato l’Unione europea: nessuna cooperazione in materia migratoria, se Bruxelles continuerà ad appoggiare quella che viene definita una “destabilizzazione interna”. La Libia ha sottoscritto nel 2010 un accordo molto vantaggioso che prevede il ricevimento di 50 milioni di euro dai paesi dell’Unione per tre anni in cambio dell’impegno a controllare i flussi migratori verso l’Europa.
A preoccupare l’Unione europea è la possibile esplosione di una bomba migratoria sulle coste del nord Africa e nei paesi del Maghreb. Malgrado questo timore, Catherine Ashton, alto rappresentante della politica estera dell’Unione, continua a chiedere alle autorità libiche di “fermare subito” le violenze contro i manifestanti. Della situazione in Libia, si è occupata ieri un’apposita riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione. Il ministro Franco Frattini ha ribadito che il governo italiano sta seguendo molto da vicino tutte le situazioni nel nord Africa ed è ovviamene preoccupato per le ripercussioni sui flussi migratori che stanno già interessando le sponde del Mediterraneo e quelle italiane in particolare. L’opposizione parla però di “immobilismo”.
Lapo Pistelli, coordinatore del dipartimento esteri del Pd, chiede che il governo riferisca al più presto in Parlamento: “Non si può affrontare quello che sta accadendo in Libia con il silenzio e l’inerzia, preoccupati solo dal tema dell’immigrazione”. “Berlusconi ha scelto di professare un’amicizia e una vicinanza dell’Italia e del suo governo a Gheddafi che oggi grida vendetta per l’opinione pubblica italiana e libica”, è il commento di Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli alla Camera. Rocco Buttiglione, Udc, critica l’eccesso di amicizia del governo manifestata nei confronti di Gheddafi in più occasioni, ultima delle quali il viaggio a Roma del colonnello dello scorso agosto: “Ci auguriamo che l’Italia faccia subito qualcosa per recuperare il credito perduto sul piano internazionale, anche nei confronti della popolazione libica”.
“Mentre Gheddafi continua a massacrare civili innocenti e a lanciare razzi sulla folla di pacifici dimostranti, Berlusconi non disturba l’amico in modo che possa portare a termine la sua opera sanguinosa”, dichiara Leoluca Orlando, portavoce dell’Idv. “Non avrei usato la parola «disturbare». Lo dico francamente, avrei usato un altro termine ma non ci si può impiccare alle parole”, ha intanto dichiarato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intervenendo nella trasmissione televisiva “Che tempo che fa”. Il ministro si è riferito così a una frase del premier Berlusconi che nei giorni scorsi aveva manifestato preoccupazione per quanto stava accadendo in Libia aggiungendo però di non voler “disturbare” Gheddafi in un momento particolarmente delicato. La Russa ha spiegato la posizione italiana: “Siamo molto preoccupati. La Libia è a un tiro di sputo dalle nostre coste. La prudenza di Berlusconi, tenuto conto di quello che è in gioco, la trovo giustificata. Al di là della non ingerenza, ci vuole rispetto per i diritti umani che deve essere totale”.
Secondo l’emittente araba Al Jazeera, i morti sarebbero almeno 300 e i feriti 700 nella sola Bengasi, dove alcuni reparti militari si sarebbero ammutinati pur di non sparare contro la folla. Gli ospedali di Bengasi hanno lanciato un appello: non sono più in grado di gestire la quantità di feriti. Le testimonianze che arrivano da questa città parlano di “spaventosa carneficina”.
Al Cairo il rappresentante libico presso la Lega Araba si è dimesso dicendo di condividere le ragioni della rivolta. Secondo alcune fonti internazionali, il colonnello Muammar Gheddafi avrebbe già lasciato la Libia con destinazione il Venezuela del presidente Hugo Chavez. Questa ipotesi si basa sul fatto che ieri sera ha parlato alla tv libica Seif al-Islam, il figlio di Gheddafi che è considerato il suo erede politico, ammettendo che il paese rischia la guerra civile e sono necessarie profonde riforme. Toccherebbe a lui tentare un’ultima mediazione con i rivoltosi.
Dopo la Tunisia e l’Egitto, anche la Libia è travolta da un movimento spontaneo, composto soprattutto da giovani, che chiede la democratizzazione istituzionale e sembra non essere guidato da partiti o gruppi organizzati.
Il governo di Tripoli, prima che la situazione interna precipitasse, aveva minacciato l’Unione europea: nessuna cooperazione in materia migratoria, se Bruxelles continuerà ad appoggiare quella che viene definita una “destabilizzazione interna”. La Libia ha sottoscritto nel 2010 un accordo molto vantaggioso che prevede il ricevimento di 50 milioni di euro dai paesi dell’Unione per tre anni in cambio dell’impegno a controllare i flussi migratori verso l’Europa.
A preoccupare l’Unione europea è la possibile esplosione di una bomba migratoria sulle coste del nord Africa e nei paesi del Maghreb. Malgrado questo timore, Catherine Ashton, alto rappresentante della politica estera dell’Unione, continua a chiedere alle autorità libiche di “fermare subito” le violenze contro i manifestanti. Della situazione in Libia, si è occupata ieri un’apposita riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione. Il ministro Franco Frattini ha ribadito che il governo italiano sta seguendo molto da vicino tutte le situazioni nel nord Africa ed è ovviamene preoccupato per le ripercussioni sui flussi migratori che stanno già interessando le sponde del Mediterraneo e quelle italiane in particolare. L’opposizione parla però di “immobilismo”.
Lapo Pistelli, coordinatore del dipartimento esteri del Pd, chiede che il governo riferisca al più presto in Parlamento: “Non si può affrontare quello che sta accadendo in Libia con il silenzio e l’inerzia, preoccupati solo dal tema dell’immigrazione”. “Berlusconi ha scelto di professare un’amicizia e una vicinanza dell’Italia e del suo governo a Gheddafi che oggi grida vendetta per l’opinione pubblica italiana e libica”, è il commento di Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli alla Camera. Rocco Buttiglione, Udc, critica l’eccesso di amicizia del governo manifestata nei confronti di Gheddafi in più occasioni, ultima delle quali il viaggio a Roma del colonnello dello scorso agosto: “Ci auguriamo che l’Italia faccia subito qualcosa per recuperare il credito perduto sul piano internazionale, anche nei confronti della popolazione libica”.
“Mentre Gheddafi continua a massacrare civili innocenti e a lanciare razzi sulla folla di pacifici dimostranti, Berlusconi non disturba l’amico in modo che possa portare a termine la sua opera sanguinosa”, dichiara Leoluca Orlando, portavoce dell’Idv. “Non avrei usato la parola «disturbare». Lo dico francamente, avrei usato un altro termine ma non ci si può impiccare alle parole”, ha intanto dichiarato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intervenendo nella trasmissione televisiva “Che tempo che fa”. Il ministro si è riferito così a una frase del premier Berlusconi che nei giorni scorsi aveva manifestato preoccupazione per quanto stava accadendo in Libia aggiungendo però di non voler “disturbare” Gheddafi in un momento particolarmente delicato. La Russa ha spiegato la posizione italiana: “Siamo molto preoccupati. La Libia è a un tiro di sputo dalle nostre coste. La prudenza di Berlusconi, tenuto conto di quello che è in gioco, la trovo giustificata. Al di là della non ingerenza, ci vuole rispetto per i diritti umani che deve essere totale”.