ROMA – “La chiusura dei talk show sarebbe un’iniziativa santa, ma non dipende da me”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo alla presentazione del libro di Bruno Vespa, “Il cuore e la spada”, ieri sera a Roma.
“Il governo – ha aggiunto il premier – non ha nessun potere sulla Rai e sulle altre tv che sono indipendenti e, – ha ironizzato – per dirla in inglese, fanno i cavoli loro”.
“I conti alla fine sono tornati a Silvio Berlusconi e non a Gianfranco Fini. E il risultato è chiaro. Il presidente del Consiglio ha vinto, il suo antagonista presidente della Camera ha perso: nessun disarcionamento del premier, nessun ribaltone, nessuna crisi formalmente aperta. Tuttavia la fase critica è tutt’altro che archiviata” e “sul piano parlamentare” il governo è “all’osso”. Lo scrive il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nell’editoriale dell’edizione odierna del giornale della Cei.
“Dal punto dell’interesse generale – prosegue Tarquinio – non si può certo considerare esaltante la conclusione del feroce derby giocatosi in quello che era il centrodestra trionfatore delle elezioni del 2008. Trecentoquattordici deputati e centosessantadue senatori sono bastati a Berlusconi per vincere la sfida col ripudiato co-fondatore del Pdl, ma non bastano per governare con efficacia”.
“Ma soprattutto – aggiunge il direttore di Avvenire – l’Italia ha più che mai bisogno di una classe politica che non offra indecoroso spettacolo di sé, che non ecciti gli spiriti bollenti e gli istinti peggiori tra i cittadini, che non dia esca agli antagonismi di ogni risma, che non incendi la polemica per cercare consensi e che non si ritrovi a raccogliere i frutti amari dei disordini e delle violenze di piazza… Purtroppo invece da mesi e mesi, e con particolare intensità in questo autunno che sta per farsi inverno, abbiamo visto incubare e svilupparsi con virulenza (anche mediatica) un tale processo. E il rischio che corriamo è emerso in una giornata come quella di ieri, segnata dal cruciale eppure insufficiente successo ottenuto dal governo e sfregiata dall’insopportabile brutalizzazione del centro di Roma da parte di gruppi minoritari eppure ingombranti per tutti”.
Tarquinio chiede quindi un “Ritorno alla politica” perché se “fino a ieri mattina” “il futuro della legislatura e il ripensamento del bipolarismo italiano, dopo l’ingloriosa andata in soffitta della tentazione bipartitica, sembravano in mano agli specialisti di aritmetica”, dopo il voto di ieri “è chiaro che molto dipenderà da chi, a Palazzo Chigi e in varie sedi di partito, sa fare progettazione e l’equilibrio non lo cerca solo nei numeri parlamentari”. “E’ infatti inimmaginabile – conclude l’editoriale – che novità in grado di portare a un’evoluzione e a un rinsaldamento del quadro politico possano prodursi senza che alle parole si accompagnino scelte e gesti significativi”.
Lo ha detto il premier alla presentazione, a Roma, del libro di Bruno Vespa