Alan Rusbridger
Alan Rusbridger, direttore del Guardian (uno dei quotidiani all’avanguardia nella trasformazione digitale), analizza gli aspetti più rilevanti del social network – Twitter è un potente mezzo di distribuzione di notizie, sottolinea, un luogo in cui le cose sembrano accadere per prime: ha ormai acquisito il ruolo di motore di ricerca, è un formidabile strumento di aggregazione, cambia la nozione di autorità, è un formidabile agente di cambiamento, e a ben riflettere può diventare anche un efficace strumento di marketing virale. La traduzione è stata curata da Claudia Dani di Lsdi.
«Ho perso il conto, da tempo, delle persone – incluso un sorprendente numero di colleghi dei gruppi editoriali – che si voltano dall’altra parte appena viene menzionato Twitter. “Non c’è tempo per questo” rispondono. “Inutile robaccia che riguarda cosa gli stupidi hanno mangiato a colazione. Nulla a che fare con il business delle notizie”.Beh, sì e no. Sicuramente ci sono un sacco di sciocchezze. Ma affermare che Twitter non ha nulla a che fare con il mondo delle notizie significa avere un’opinione sbagliata.
La prima cosa che mi viene in mente è che esistono 15 cose che Twitter fa piuttosto bene e che dovrebbero suscitare il più profondo interesse in chiunque sia legato in qualche modo ai media ad ogni livello.
1. È una stupefacente forma di distribuzione
È un modo altamente efficace per diffondere idee, informazioni e contenuti. Non bisogna farsi distrarre dal limite dei 140 caratteri. La maggior parte dei migliori tweets sono link a pagine. È istantaneo. La sua portata può essere immensamente ampia.
Perché è importante? Perché ci occupiamo di distribuzione anche noi. Ci si trova in competizione con un mezzo che può fare molte cose in modo incomparabilmente più veloce. Siamo tornati alla lotta fra gli scriba e i caratteri mobili. Questo conta in termini giornalistici. E se si sta cercando di far pagare i contenuti, conta anche in termini di business. Le aspettative di vita delle informazioni può ora essere misurato in minuti se non in secondi. Tutto questo ha implicazioni profonde con il nostro modello economico, non tocca il giornalismo.
2. È il luogo dove le cose accadono prima
Non tutte le cose, ovviamente. Le agenzie di stampa continuano a lanciare molte delle notizie. Ma, sempre più, le notizie nascono prima su Twitter. Se si usa regolarmente Twitter, anche se si è coinvolti nel business delle notizie e si ha accesso ai canali tradizionali, le chances che si scovino voci e notizie dell’ultim’ora prima su Twitter che in altri luoghi sono numerose. Esistono milioni di osservatori umani, là fuori, che noteranno la più piccola cosa e che posseggono lo stesso istinto delle agenzie di stampa nel voler essere i primi a lanciare quella notizia. Più persone parteciperanno meglio sarà.
3. Come motore di ricerca compete con Google
Molte persone continuano a non comprendere abbastanza che Twitter è, per alcuni aspetti, migliore di Google nello scoprire le cose. Google si limita ad utilizzare algoritmi per scovare informazioni nei più nascosti e spiacevoli angoli del web. Twitter fa un passo in più – imbrigliando una massiccia quantità di intelligenza umana, in milioni di persone, per cercare informazioni nuove, preziose, utili e interessanti.
4. È un formidabile strumento di aggregazione
Si usa Twitter per trovare informazioni riguardanti qualsiasi soggetto si voglia e spesso si troveranno le migliori informazioni disponibili. Diventa il proprio personale servizio feed di notizie. Se si seguono le persone più interessanti, queste forniranno, con tutta probabilità, le informazioni più interessanti. In altre parole non si tratta semplicemente di ricerca. È possibile rilassarsi e lasciare altre persone, ammirate e rispettate, cercare e raccogliere informazioni per gli altri. In più nessuna agenzia stampa, forse, può colpire il potere combinato di tutte quelle api laboriose che raccolgono e diffondono notizie.
5. È un grande flusso di cronaca
Molti fra i migliori giornalisti e reporter usano abitualmente Twitter come aiuto per trovare informazioni. Può essere un modo semplice per capire cosa le persone già sanno, hanno fra le mani o trovano facilmente. Entra in gioco la cosiddetta saggezza delle masse: la teoria del ‘sanno più di quello che sappiamo noi’. Oppure semplicemente, lo si usa, perchè si è di fretta e si sa che qualcuno laggiù avrà la risposta subito. O ancora, può essere utilizzato dai reporter per trovare testimoni di eventi specifici – persone che si trovavano nel posto giusto al momento giusto, che altrimenti sarebbe stato difficile scovare.
6. È una forma fantastica di marketing
Hai scritto il tuo pezzo o il post del blog. Hai coinvolto altri nella sua elaborazione. Ora puoi fargli sapere che la notizia è la, possono vederla sul tuo sito. Stai avvertendo la tua community di affiliati. Parlando in linguaggio marketing, twitter incanala il traffico e l’ attenzione. Se davvero a qualcuno piace quello che legge, lo dirà agli altri. Se davvero piacerà questo intervento diventerà marketing virale. Io ho solo 18.500 follower. Ma se vengo ri-tweettato da uno dei nostri editorialisti, Charlie Brokker, istantaneamente ne aggiungo altri 200.000. Se il Guardian Technology lo riprende l’audience arriva a 1,6 milioni. Se Stephen Fry lo nota, diventa globale.
7. È una serie di conversazioni. O può diventarlo.
Oltre a leggere quello che si è scritto e diffuso, le persone possono rispondere. Possono essere d’accordo o meno o criticare il contenuto. Possono bloggarlo altrove e linkarlo. Non c’è niente di peggiore che scrivere o distribuire qualcosa senza ottenere alcuna reazione. Non si tratta di trasmissione ma di comunicazione. È l’ abilità nel condividere e discutere con dozzine, centinaia, migliaia di persone in tempo reale. Twitter può essere frammentario, ma può essere anche l’opposto della frammentazione. Costituisce un universo parallelo di conversazioni comuni.
8. È molto vario
I media tradizionali permettono l’ingresso a poche voci. Twitter è aperto a chiunque.
9. Cambia il modo di scrivere
Una buona conversazione include l’ascolto oltre al parlare. Si vuole alle stesso tempo parlare e ascoltare. Si vuole attrarre e essere intrattenuto. C’è ovviamente, maggiore brevità in Twitter. Più humour. Maggiore fusione fra commento e fatti. È più personale. Il trono sul quale i giornalisti spesso pensano di sedere, viene spazzato via da Twitter. I giornalisti imparano in fretta. Hanno iniziano a scrivere in modo diverso.
10. È un campo di gioco su vari livelli
Un nome ‘noto’ dovrebbe inizialmente attrarre un numero ragionevole di follower. Ma se non avranno nulla di interessante da dire, i nomi noti parleranno in una stanza vuota. L’energia in twitter raccoglie intorno persone che possono raccontare cose nuove e divertenti pur essendo sconosciuti ai più. Possono rivolgersi a un piccolo gruppo di ascolto, ma se diranno cose interessanti, queste potranno essere ripubblicate molteplici volte e il ritmo esponenziale di queste ri-trasmissioni nel tempo sminuirà l’audience dei cosiddetti grandi nomi.
11. Ha differenti valori informativi
Chi scrive su twitter abbastanza spesso ha un diverso senso di cosa sia e cosa non sia una notizia. Cosa sembra ovvio ai giornalisti in termini di scelta, e che porta ad una decisione di seguire o non seguire un fatto, può essere visto in modo marcatamente diverso da altri. Il potere di decine di migliaia di persone che articolano differenti scelte possono influenzare la scelta degli editori di quale notizia coprire. Certo si può ignorare tutto questo, ma dovremmo farlo?
12. Ha un lungo arco di attenzione
Di solito circola il concetto contrario, e cioè che Twitter sia un flusso di coscienza istantaneo, condensato. Il media perfetto per un pesciolino rosso. Ma cercate una determinata parola chiave e avrete la prova che l’ arco di attenzione dei twitter farebbe arrossire di vergogna la stampa. Su quella questione verranno raccolte dagli utenti Twitter informazioni, prima che la carovana dei giornalisti si sia ancora mossa.
13. Crea community
Le community si formano intorno a particolari problemi, persone e eventi, culture, idee, soggetti e geografie. Ne potranno esistere alcune a lungo termine, altre forti o deboli. Ma ritengo che siano community a tutti gli effetti.
14. Cambia la nozione di autorità
Invece di aspettare l’opinione ‘’esperta’’ degli altri – e molto spesso di noi giornalisti – chi usa twitter tara la bilancia a favore dell’autorità peer to peer. Questo non significa che gli utenti di twitter ignorino cosa diciamo – al contrario stanno diventando i nostri più efficaci diffusori e interlocutori. Ma ci prenderemmo in giro se pensassimo che lì non ci sia alcuna altra forza in gioco, che uno studente 21enne sia in grado di determinare e guidare le opinioni e le preferenze delle persone che lo seguono e interagiscono con lui. O che lo stesso faccia una madre 31enne di piccoli mocciosi. O un tipo 41enne appassionato di politica e di musica rock della sua gioventù.
15. È un agente del cambiamento
Come cresce l’abilità delle persone di combinare insieme dei problemi e di discuterne, così crescerà il loro impatto sul’ autorità. Le grandi aziende stanno già imparando a rispettare, e anche a temere, il potere dei media collaborativi. I social media sfideranno le politiche convenzionali, per esempio nel campo delle tecniche relative alla espressione e al discorso.
Certo si potrebbe elencare anche tutta una serie di cose che danno fastidio del modo in cui le persone usano twitter. Non funziona bene di fronte alla complessità – anche se può essere legato alla complessità. Può essere riduttivo in modo frustrante. Non fa quello che i giornalisti investigativi o i corrispondenti di guerra fanno: non verifica i fatti. Può essere confuso, caotico e opprimente.
Io uso Twitter semplicemente come un esempio del potere dei media aperti, dei social media. Il suo inconveniente è che può far concentrare il peso totale dell’attenzione mondiale su un’ unica, instabile notizia. Ma possiamo essere sicuri che l’idea che c’ è dietro queste forme di media aperti non sta svanendo e che se fossimo ciechi nei confronti delle loro potenzialità faremmo un grosso errore, sia sul piano del giornalismo che su quello del business».