Matteo Cosenza cita l'esempio del giovane cronista de Il Quotidiano della Calabria che "rischia la vita da San Luca" ma...

Piccolo giornalista minacciato e non pagato

Ferdinando Piccolo

La posizione del Sindacato dei Giornalisti della Calabria è nota e riassunta nell’editoriale “E’ ora di smascherare i soliti ignoti”, pubblicato da Giornalisti Calabria il 13 settembre scorso.
Solidarietà, marce, manifestazioni e girotondi servono a poco. Costituiscono, sì, attestazioni di solidarietà e d’affetto ai destinatari delle minacce, ma finiscono per fare il gioco sia di chi vuole alimentare il clima di terrore e la cultura del sospetto, sia di chi costruisce le proprie fortune, economiche e professionali, grazie al professionismo dell’antimafia.
La risposta deve darla, innanzitutto, lo Stato, garantendo alla Calabria più investigatori e magistrati per smascherare ed assicurare alla giustizia i responsabili del malaffare. A tutti i livelli. Soprattutto a quelli più alti ed insospettabili.
E, la risposta, dobbiamo darla tutti noi, quotidianamente, con il nostro lavoro. Senza omissioni, censure e compromessi di sorta.
A Matteo Cosenza, direttore de “Il Quotidiano della Calabria”, i migliori auguri per la riuscita della manifestazione da lui promossa. Ma una doverosa raccomandazione. Negli ultimi giorni ha, più volte, citato Ferdinando Piccolo, quale esempio di giovane cronista che scrive da San Luca e che ha ricevuto dalla ‘ndrangheta due lettere con minacce e pallottole.
Già, Ferdinando Piccolo, un giovane che sogna di fare il giornalista e che, come tanti altri, assicura al giornale di Cosenza montagne di articoli che gli consentono di riempiere pagine e pagine, soprattutto in questi giorni di grande visibilità per via delle minacce e della manifestazione. Con i rischi che un mestiere, qualsiasi tipo di mestiere, comporta, quando si lavora con passione, serietà e professionalità, senza guardare in faccia nessuno.
Ebbene, Ferdinando Piccolo, il giovane cronista de Il Quotidiano della Calabria, che “rischia la vita da San Luca”, ha un “contratto” di “lavoro” che neppure lui ricorda bene se di cinque centesimi a rigo o di sei euro lordi a pezzo. E non lo ricorda semplicemente perché quei pochi spiccioli aspetta ancora di vederli.
Forse, prima di difenderlo dalle minacce altrui, sarebbe opportuno tutelarlo nella sua dignità di lavoratore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *