Il giornalismo calabrese perde due voci fuori dal coro: restano denunce e scoop

Addio a Francesco Gangemi e Fortunato Pizzi

Da sinistra: Francesco Gangemi e Fortunato Pizzi

REGGIO CALABRIA – In una sola notte Reggio Calabria perde due pezzi di storia: Francesco Gangemi e Fortunato Pizzi. Due personaggi animati da un amore viscerale per questa terra che, come spesso avviene a queste latitudini, li ha visti protagonisti di stagioni esaltanti, ma anche di forti denunce, pesanti ripercussioni e, soprattutto, di pagine oscure, per molti aspetti mai completamente chiarite. Due testimoni e, nel contempo, protagonisti della vita di una città spesso incline ad incoronare i falsi miti e ad isolare le voci fuori dal coro.
Ciccio Gangemi e Natino Pizzi non erano certo dei santi, ma delle persone coraggiose e oneste sì. Hanno avuto migliaia di amici, eppure alla fine – come avviene in questi casi – si sono ritrovati a pagare il pesante prezzo dell’isolamento che ti lascia accanto quell’unico alleato: la solitudine. Alleggerita soltanto dagli affetti familiari e dai pochi e disinteressati amici che,  si sa, si contano sulle dita di una mano.
Ciccio Gangemi era nato a Reggio Calabria il 28 settembre 1934 ed era iscritto all’Ordine dei giornalisti dal 2 maggio 1983. Storico direttore del mensile Il Dibattito, per tanti anni ha tolto il sonno a molti attraverso circostanziate e martellanti denunce, spesso accompagnate dalla pubblicazione di documenti “top secret”, che hanno aperto importanti squarci di luce sul malaffare e le complicità che da sempre mettono in ginocchio la città dello Stretto e non solo.
Certo, spesso, ha esasperato all’inverosimile toni e giudizi sulle persone che hanno finito per sommergerlo di querele per diffamazione a mezzo stampa, ma non va dimenticato che fu lui il primo a denunciare, in Consiglio Comunale, la storia delle “valigette piene di denaro che entravano piene e uscivano vuote dal Comune di Reggio Calabria”. Accusa non solo mai smentita da alcuno, ma fondamentale per ricostruire e comprendere il clima degli anni che portarono alla Tangentopoli reggina dopo le dimissioni del sindaco Agatino Licandro, rassegnate il 4 luglio 1992. Ed al processo, interrogato dal giudice, Ciccio Gangemi si appellò al segreto professionale rifiutandosi di rivelare le fonti della sua dirompente denuncia preferendo la condanna a un anno di reclusione per falsa testimonianza.
All’epoca, Gangemi era consigliere comunale e con le dimissioni di Licandro divenne sindaco della città. Un incarico lampo, durato appena tre settimane, grazie all’appoggio della Democrazia Cristiana che lo aveva candidato nel 1989 dopo l’esperienza in una lista civica, da lui promossa nel 1984, con la quale era riuscito a conquistare due seggi. È stato anche presidente del comitato di gestione dell’Asl di Reggio Calabria.
Chiusa l’esperienza politica, si concentrò completamente su quella giornalistica, alternando gli scoop alle querele e le presenze in redazione alle frequenze nelle aule giudiziarie, che lo videro coinvolto in varie inchieste culminate, il 6 ottobre 2013, con l’arresto emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania.
A 79 anni fu, dunque, rinchiuso per 7 giorni nel carcere di Reggio Calabria e per 37 rimase agli arresti domiciliari per scontare una condanna a due anni di reclusione per non aver voluto rivelare la fonte di una notizia. Un caso nazionale, finito su tutti i giornali e le televisioni di mezzo mondo, denunciato con forza dalla Federazione Nazionale della Stampa che, attraverso il segretario generale e il vicesegretario dell’epoca, Franco Siddi e Carlo Parisi, aveva chiesto l’intervento del Presidente della Repubblica, appellandosi alle ripetute condanne che la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva inflitto all’Italia per quel mostro giuridico rappresentato dal carcere per i reati a mezzo stampa.
Invalido al 100 per cento e gravemente ammalato, era stato nuovamente arrestato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, l’11 dicembre 2015, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Catania per un cumulo di pene a 2 anni 11 mesi e 16 giorni di reclusione per diffamazione a mezzo stampa e per non avere rivelato le fonti fiduciarie delle notizie. In quest’ultimo caso gli era stata risparmiata l’umiliazione della galera, ma imposto comunque l’obbligo di espiazione della pena agli arresti domiciliari.
«Un provvedimento – aveva commentato all’epoca dei fatti Carlo Parisi, oggi segretario generale aggiunto della Fnsi, – che non esitiamo a definire mostruoso per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee», sottolineando che «Gangemi paga duramente non solo il prezzo delle sue idee “forti” e fuori dal coro, ma soprattutto l’ingiustificato ritardo del Parlamento nel riformare la legge sulla diffamazione che, per i reati a mezzo stampa, prevede ancora il carcere per i giornalisti consentendo il ripetersi di dolorosi episodi come questo».
Parisi aveva, quindi, rivolto al Parlamento l’appello per riformare con urgenza la legge sulla diffamazione a mezzo stampa e chiesto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di valutare la possibilità di un intervento che, considerata l’età e le condizioni di salute del giornalista, evitasse a Francesco Gangemi la privazione della libertà personale per reati compiuti nell’esercizio della professione giornalistica.
«Un giornalista – concludeva Parisi nel motivare l’appello ai vertici del Stato – che commette reato, diffamando qualcuno, va punito, certo. Con una multa, non con il carcere. Ma non va, in ogni caso, punito per non aver rivelato le fonti fiduciarie di una notizia vera, sacrosanto diritto di chi svolge questa professione».
Vicenda – come riferito da Giornalisti Italia l’11 dicembre 2015 – che si era conclusa con la revoca degli arresti domiciliari e l’affidamento del giornalista ai servizi sociali.
«Il giornalista Francesco Gangemi, 81 anni, invalido al 100 per cento e gravemente malato, – comunicava, infatti, Carlo Parisi, rendendo nota la notizia – arrestato per un cumulo di pene a 2 anni 11 mesi e 16 giorni di reclusione per diffamazione a mezzo stampa e per non avere rivelato le fonti fiduciarie delle notizie, è “socialmente pericoloso” e, pertanto, “ha bisogno di essere rieducato”. Non basta: gli è fatto assoluto divieto di frequentare “botteghe nelle quali vengono somministrate bevande alcoliche”, “delinquenti” e “mafiosi”. Se non fosse vero, sarebbe la trama di un film grottesco. Pertanto ogni commento sull’epilogo dell’arresto del giornalista reggino è assolutamente superfluo perché – nel pieno rispetto delle leggi del nostro Paese che prevedono ancora la pena del carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa – in casi come questo la realtà supera abbondantemente anche la più fervida immaginazione».
Nel provvedimento cautelare gli era stato, inoltre, imposto di uscire di casa solo dalle ore 7 alle 21, ma limitatamente alla provincia di Reggio Calabria, salvo autorizzazione del magistrato. Ed ancora: “ogni settimana dovrà telefonare al magistrato di sorveglianza che, ogni tre mesi, dovrà relazionare al Ministero della Giustizia sulla sua condotta”.
«Insomma, – sottolineava in quei giorni Carlo Parisi – Francesco Gangemi è avvisato: alla prossima marachella non solo gli verrà revocato l’affidamento ai servizi sociali, ma rischierà di finire in gattabuia e sarà buttata via la chiave».
Fortunato Pizzi era, invece, nato a Reggio Calabria il 5 novembre 1951. Le sue viscerali passioni le sbandierava ai quattro venti: il giornalismo, i giornali, i libri, la storia, i francobolli, i gatti, le tartarughe, la Roma, il teatro (sempre al fianco del Blu Sky Cabaret di Mimmo Raffa), la politica, Giulio Andreotti (del quale era stato amico).
Giornalista pubblicista iscritto all’Ordine della Calabria dal 26 settembre 2008, la passione per il giornalismo e per i giornali l’aveva avuta sin da ragazzo collaborando con i numerosi periodici che, all’epoca, venivano diffusi in Calabria. Esaltante la sua esperienza al quotidiano Il Giornale di Calabria, dove ha scritto di tutto, dalla politica allo sport, e per il quale è stato sempre fonte inesauribile di notizie, sempre attento alle persone, ai fatti ed ai “cambiamenti” in atto. Suoi numerosi scoop soprattutto sulle “zone grigie” della città di Reggio.
Dipendente della Regione Calabria, aveva ereditato dal padre un’agenzia di pompe funebri che era stato costretto a chiudere dopo aver coraggiosamente denunciato i suoi estortori.
Natino si era, così, lanciato a capofitto nelle sue passioni curando, in particolare, la rassegna stampa del Sindacato Giornalisti della Calabria. È stato anche consigliere regionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana “Natuzza Evolo”. Malato da tempo, fino all’ultimo giorno non ha mai rinunciato a vivere intensamente le sue giornate con l’amore viscerale per le sue passioni. Non ha mai voluto pesare sugli altri e la sua obbligata “frequentazione” con i morti lo ha sempre aiutato a sdrammatizzare anche le situazioni più tragiche.
Signore fino al midollo, battuta sempre pronta, intelligente e colto, dotato di una scrittura brillante e impeccabile, figlia di studi classici fatti con rigore, Fortunato – in barba al nome che portava – non lo è stato, purtroppo, nell’ultimo appuntamento con la vita. Colto da malore in casa, dove si trovava da solo, ha chiamato il 118, ma non ha fatto in tempo ad aprire la porta ai suoi soccorritori finendo, così, la sua vita ad un passo dalla salvezza.
Francesco Gangemi e Fortunato Pizzi hanno condiviso molte passioni: la politica, la Dc, la Prima Repubblica, la revisione e la denuncia del peggio della Prima Repubblica, la condanna del malaffare pagata a caro prezzo, il giornalismo, i giornali, la storia di Reggio Calabria. Già, la storia di una città dai mille volti e dalle mille contraddizioni, capace di amarti e odiarti, osannarti e ucciderti. Non solo con un colpo di fucile caricato a pallettoni, ma con il peggiore dei nemici: la solitudine. (giornalistitalia.it)

Domani a Reggio Calabria i funerali di Gangemi e Pizzi
I funerali di Francesco Gangemi saranno celebrati domani, giovedì 23 agosto, alle ore 10 nella Chiesa di Maria S.S. della Candelora. Quelli di Fortunato Pizzi saranno celebrati, invece, alle 16.30, nella Chiesa di Sant’Agostino.

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