Il segretario generale aggiunto Fnsi: “Trattata da criminale, non ha diritto al segreto”

Parisi: “Assurda l’indagine su Elisabetta Rossi”

Carlo Parisi

ROMA – “Assurdo e persino ridicolo, se non ci fosse di mezzo un’indagine della procura, quanto è accaduto alla giornalista del Resto del Carlino, Elisabetta Rossi”. Così il segretario generale aggiunto della Federazione nazionale della stampa, Carlo Parisi, commenta la brutta vicenda che vede protagonista, suo malgrado, cronista di giudiziaria del Carlino Pesaro, indagata – come racconta Roberto Damiani sullo stesso quotidiano – per aver violato il divieto di pubblicazione di atti coperti da segreto, istigazione alla rivelazione di segreti d’ufficio in concorso con un pubblico ufficiale per un ingiusto vantaggio patrimoniale (i 9 euro lordi percepiti per l’articolo) e addirittura favoreggiamento reale nei confronti dei mercanti di falchetti. Li avrebbe, cioè, aiutati a far sparire i nidi.
“A parte le incomprensibili accuse mosse alla giornalista – incalza Carlo Parisi – è ancora più inaccettabile che alla collega sia stato sequestrato, secondo le carte per ben due volte, il telefonino per ‘meri fini esplorativi’ e che questo sia avvenuto dopo che agenti della Forestale le siano piombati in casa all’alba per una perquisizione, nell’incredulità e agitazione dei familiari, quasi si trattasse di un pericoloso criminale”.
E “mentre domani – prosegue il segretario generale aggiunto della Fnsi – anche il capo servizio della redazione di Pesaro del Resto del Carlino, Luigi Luminati, è atteso in procura come persona informata sui fatti, a dimostrazione che la paradossale vicenda anziché concludersi continua a gonfiarsi, Elisabetta Rossi viene interrogata affinché riveli la sua fonte. E qui viene il bello: siccome la collega, che da brava cronista non ha rivelato la fonte, è pubblicista, non le sarebbe possibile far valere il segreto professionale.
Una facoltà alla quale non può appellarsi, secondo gli inquirenti, e che riapre l’annosa questione del primo dei principi deontologici di un giornalista valido o meno se si è pubblicisti e non professionisti”.
Il fatto è che “mentre noi stiamo a dibattere sul segreto professionale per i pubblicisti sì o no, – afferma Parisi – le accuse che vengono mosse alla cronista del Carlino prevedono, oggi nel nostro Paese, dai 2 ai 5 anni di carcere. E pensare che persino la Corte europea dei diritti dell’uomo, fin dalla sentenza Goodwin – Regno Unito, 27 marzo 2006 –, ha definito il sequestro di telefoni e pc a carico dei giornalisti uno ‘…strumento illegittimo per aggirare surrettiziamente il segreto professionale e, soprattutto, intimorisce le fonti, che potrebbero essere indotte a non parlare più con i giornalisti per paura di essere individuate, così bloccando la circolazione delle informazioni’. La giustizia italiana e i nostri politici riflettano. E mettano, finalmente, mano ad un sistema che non va”. (giornalisitalia.it)

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