Accusati dalla giustizia egiziana di avere diffuso notizie false e di avere aiutato i terroristi, passano al contrattacco

I giornalisti di al Jazeera denunciano: “Picchiati e torturati”

Peter Greste

Giuseppe Maria Laudani
IL CAIRO (Egitto) – Torture dopo l’arresto. I venti giornalisti di al Jazeera, accusati dalla giustizia egiziana di avere diffuso notizie false e di avere aiutato la Fratellanza, organizzazione dichiarata terrorista, passano al contrattacco e denunciano maltrattamenti nel corso della loro detenzione in carcere.
Alla nuova udienza del processo, davanti alla Corte d’Assise del Cairo, un giornalista egiziano ha riferito di “avere subito percosse fisiche e torture” che gli hanno causato una “frattura alla spalla”, oltre a intimidazioni di carattere psicologico, e ha puntato il dito contro la polizia. Una nuova tegola contro le forze dell’ordine, da tempo nel mirino delle organizzazioni in difesa dei diritti umani che hanno denunciato i metodi poco ortodossi usati dalla polizia.
In aula era anche presente Mohamed Farag, legale di due giornalisti egiziani e del reporter australiano che ha definito “infondate” le accuse nei loro confronti, sostenendo che i suoi assistiti “avevano un permesso di lavoro e che in carcere vengono negati loro libri e quotidiani”. Il processo è stato aggiornato al 24 marzo.
Il giro di vite contro il personale della tv satellitare ha destato non poche polemiche a livello internazionale con le Nazioni Unite, la Casa Bianca e varie ong che hanno denunciato una campagna di repressione dei responsabili dei media da parte delle nuove autorità egiziane. Un processo che allo stesso tempo è anche considerato un vero e proprio test per le forze armate che dirigono il Paese dopo la defenestrazione di Morsi.
Dei venti reporter, 16 sono egiziani mentre quattro sono stranieri: due britannici, un australiano e un olandese, accusati a loro volta dal pubblico ministero di “collaborazione con i giornalisti egiziani e di avere diffuso notizie false con l’obiettivo di far credere al mondo che il Paese è in guerra civile”. Addebiti contestati dalle difese dei reporter, mentre il giornalista australiano Peter Greste afferma di essere trattato “come terrorista” e che “questo processo è una vicenda politica che coinvolge l’Egitto ed il Qatar”.
Le relazioni tra l’Egitto ed il Qatar (dove ha sede al Jazeera) sono piuttosto tese, con il Cairo che ha accusato Doha di sostenere i Fratelli musulmani e non ha apprezzato il modo in cui il canale satellitare ha coperto gli avvenimenti dopo la destituzione di Morsi. L’Emirato del Golfo da parte sua non ha risparmiato critiche alle forze armate egiziane definendo eccessivo l’uso della forza nel reprimere il dissenso.
Intanto, in un altro procedimento giudiziario, un tribunale ha condannato 12 studenti sostenitori dei Fratelli musulmani a due anni di prigione e al pagamento ciascuno di 50mila lire egiziane (oltre 5mila euro) per avere partecipato a una manifestazione non autorizzata. E l’Alleanza nazionale per il sostegno della Legittimità (Nals) – la coalizione egiziana che raccoglie vari gruppi, tra i quali i Fratelli Musulmani – è tornata nuovamente ad attaccare i militari responsabili della destituzione di Morsi. “Gli egiziani non dimenticheranno il sangue versato dai suoi figli e provocato da Abdel Fattah al al Sisi”, hanno affermato in un comunicato. (Ansamed).

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