Ancora una volta la storia del Paese “raccontata senza menzogne” dal giornalista e saggista, tre volte presidente dell’Odg nazionale

“L’Italia bugiarda” di Del Boca: “Mani lunghe e coscienza sporca”

Lorenzo Del Boca

In una società e in tempi come i nostri, dove tutto è ridotto all’osso – la crisi azzanna democraticamente qua e là, su e giù -, anche la ricerca della verità, anelata da molti, ma praticata da pochi, non se la passa troppo bene. C’è chi vorrebbe saperla, ma poi si ferma prima, perché la faccenda è complicata. C’è chi non ha il coraggio di cercarla. E a tanti (troppi?), invece, non è che poi convenga così tanto farla venire a galla. Questa verità. Ad iniziare dalla storia, quella del nostro Paese, su cui si interroga, ancora una volta, Lorenzo Del Boca, giornalista e saggista (ma chiamarlo storico non sarebbe inappropriato) dalla penna arguta e raffinata, tre volte presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, oggi vicepresidente del Cda del Salone del Libro di Torino.
E lo fa con un nuovo libro, “L’Italia bugiarda. Smascherare le menzogne della storia per diventare finalmente un Paese normale”, che va ad aggiungersi – e a completare – gli altri tre, editi sempre da Piemme, “Maledetti Savoia”, “Indietro Savoia!” e “Polentoni”, dedicati, appunto, alla storia italiana. Vista con gli occhi di un cronista di razza, che scrive e racconta dopo aver rastrellato notizie sui giornali dell’epoca – in particolare il Risorgimento, che è quello più scandagliato da Del Boca -, e l’irriverenza dello storico controcorrente.
“I nostri guai vengono dalla storia…Tutto ciò che oggi ci fa arrabbiare prese consistenza fin dal 1861. A cominciare dal numero spropositato di deputati che avrebbero dovuto occuparsi della cosa pubblica”. Insomma, spiega Lorenzo Del Boca, non abbiamo inventato nulla. A cominciare da un po’ più indietro. Quando l’Italia fu fatta.
“I patrioti unitari, nel 1859, riuscirono a sottrarre al papa l’Emilia Romagna – racconta il giornalista piemontese, che ai suoi antenati, per amor di verità, non risparmia niente -; nel 1860, con la scusa di difenderlo, gli portarono via l’Umbria e le Marche; e, infine, nel 1870 sfondarono a cannonate Porta Pia per prendersi anche il Lazio, Roma e relegare il pontefice nella Città del Vaticano”.
Tutto in nome di un’unità che “il giorno dopo averla ottenuta, già non piaceva più nemmeno a quelli che si erano sforzati di farla”.
Va al nocciolo la storia riletta e presentata da Del Boca, “infischiandosene” se qualche noioso cattedratico dovesse storcere la bocca: “Il Sud, inferocito e ribelle, fu piegato da 40 battaglioni di bersaglieri che considerarono quelle province come terre di conquista. Napoli e Palermo non vennero trattate diversamente da come, decenni più tardi, avvenne per Mogadiscio e Addis Abeba. Dissero che venivano per portare la libertà ma – la libertà – la mostrarono dal mirino degli schioppi e sulla punta delle sciabole”.
Dovrebbero raccontarla a scuola – non dico alle elementari – la storia in questo modo. Senza ipocrisie, né censure. Con un’ironia sagace, che fa scorrere le pagine, ma mai offende. E, soprattutto, senza “le bugie che riempiono i manuali di tante storie patrie”, come scrive Pierluigi Battista – ex collega di Del Boca, nelle stanze de “La Stampa” – nella prefazione.
Ah, se solo il tre volte presidente dell’Ordine dei giornalisti avesse voglia di raccontare – e scrivere – un giorno la storia della nostra categoria professionale! Quella dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani, l’Inpgi, fondato con Regio Decreto n. 838 del 25 marzo 1926. Quella della Federazione nazionale della stampa italiana, la Fnsi – di cui Lorenzo Del Boca è stato presidente – costituita nel 1908 e rifondata nel 1944. E, manco a dirlo, quella del nostro Ordine, riconosciuto con la Legge n. 69 del 3 febbraio 1963, che oggi molti vorrebbero fare a pezzi. Fatti (e misfatti) raccontati con la stessa penna e lo stesso amore per la verità usati nei suoi libri, da “Maledetti Savoia” a “L’Italia bugiarda”, per “smascherare le menzogne della storia…le mani lunghe e la coscienza sporca”.

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