Celebrata a Marina di Sibari la VI Giornata dell’informazione in Calabria con Bruno, Del Boca, Parisi, Rossi e Soluri

“Un precario ha un permesso di soggiorno nella democrazia”

Da sinistra: Ernesto Paura, Lorenzo Del Boca, Giuseppe Soluri, Cosimo Bruno, Giovanni Rossi, Carlo Parisi e Pino Larocca

MARINA DI SIBARI (Cosenza) – “Un precario ha un permesso di soggiorno nella democrazia”. Citando l’anonima frase scritta su un muro della sua Bologna, il presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Giovanni Rossi, ha denunciato “il dramma del precariato giornalistico all’interno di una devastante crisi di settore che, probabilmente, rischia di accentuarsi nei prossimi anni”.
Lo ha fatto al Minerva Club Resort Golf& Spa di Marina di Sibari, in occasione della sesta edizione della Giornata dell’informazione in Calabria, organizzata dal Circolo della Stampa “Pollino-Sibaritide”, per celebrare la Festa del Lavoro e la Giornata mondiale della libertà di stampa.
Al convegno sul tema “Il giornalista, la libertà di stampa e l’etica professionale”, i circa cento soci 
del Circolo della Stampa presieduto da Cosimo Bruno, presidente della Commissione ricorsi dell’Odg nazionale, si sono ritrovati a dibattere i temi legati alla professione con il presidente e il vicesegretario della Fnsi, Giovanni Rossi e Carlo Parisi, il presidente emerito dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Lorenzo Del Boca, e il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri.
Presenti, tra gli altri, il sindaco di Cassano Jonio, Gianni Papasso, il fiduciario regionale della Casagit, Luisa Lombardo, consiglieri nazionali e regionali degli istituti di categoria dei giornalisti e autorità civili e militari, si è discusso dello stato dell’informazione in Calabria e nel Paese, in un momento di crescenti difficoltà per la categoria, condizionato dalla crisi e dai ripetuti tentativi di limitare l’autonomia della professione e la libertà di stampa.
A nome del gruppo dirigente della Fnsi, Giovanni Rossi ha, innanzitutto, espresso “viva e convinta solidarietà ai colleghi che hanno avuto la dignità di difendere il proprio ruolo”. “I tanti giornalisti – ha ricordato, dal canto suo, Carlo Parisi – che, dopo aver lavorato con serietà, professionalità e sacrificio nelle rispettive aziende, si sono visti dare il benservito con atteggiamenti propri da piantagioni di cotone di coloniale memoria”.
“Giornalisti – ha aggiunto Parisi – che hanno dovuto ricorrere alla giustizia per vedersi riconoscere i diritti più elementari garantiti dalla Costituzione, dallo Statuto dei lavoratori e dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico”. Tra i casi più recenti, il vicesegretario della Fnsi ha citato quelli che hanno visto protagonisti Rossana Caccavo, Paola Abenavoli, Monica Murano, Sergio Notaro, Alessandro Russo, Maria Francesca Rotondaro, Annachiara Spagnolo, Carmelo Idà, Serafino Caruso, Raffaella Salamina.
Un pensiero particolare, il vicesegretario della Fnsi lo ha rivolto ai “tanti, troppi, freelance che potranno sperare in un futuro soltanto se avranno il coraggio di compiere lo ‘scatto di dignità’ che ogni giornalista dovrebbe avere rifiutando di lavorare gratis o con compensi che – quando elargiti – suonano come un’elemosina che offende la loro dignità umana e professionale”.
“E, soprattutto, se terranno la schiena dritta, – ha rimarcato Parisi – non mostrandosi compiacenti o accondiscendenti nei confronti dei poteri forti, e sottraendosi al ricatto degli editori che li spingono a trasformarsi in procacciatori pubblicitari o, ancora peggio, in «persuasori degli amministratori pubblici» per «convincerli» a fare investimenti pubblicitari nelle rispettive testate in cambio di interviste e servizi.
La crisi economica – ha concluso il vicesegretario della Fnsi – non può essere un alibi, pertanto un giornale senza giornalisti o con giornalisti ridotti in schiavitù non può esistere. Sarebbe come un cantiere senza operai o un supermercato senza commessi. Verrebbe immediatamente chiuso”. Una tesi che ha trovato pienamente d’accordo Giovanni Rossi, secondo il quale “si esce dalla crisi soltanto puntando sulla qualità”.

Giovanni Rossi: “Si esce dalla crisi soltanto puntando sulla qualità”

Giovanni Rossi

A tal proposito, in controtendenza rispetto all’opinione diffusa nel Paese, il presidente della Fnsi ha sottolineato l’importanza dell’intervento pubblico: “Un forte intervento di risorse pubbliche per lo sviluppo tecnologico dell’industria editoriale che, naturalmente, non può e non deve scadere nella vecchia pratica del contributo a pioggia su iniziative prive di progettualità, garanzia occupazionale e, soprattutto, rendicontazione della spesa”.
Il presidente della Fnsi ha, quindi, parlato degli stati di crisi che, ormai, interessano quasi tutti i giornali e della “crisi televisiva, determinata dalla scelta dissennata del passaggio al digitale”.
Un’attenzione particolare, Giovanni Rossi, che nella Fnsi presiede la Commissione lavoro autonomo, ha rivolto ai freelence, ovvero a “questa enorme massa di lavoratori a disposizione degli editori, che vivono una pesante condizione di precariato e in difesa dei quali sono state alzate due bandiere importanti: la Carta di Firenze, che vigila sui comportamenti scorretti tra colleghi e non solo verso i cittadini, e la legge sull’equo compenso giornalistico, che rappresenta un risultato eccezionale perché estende l’articolo 36 della Costituzione a quanti non hanno un contratto di lavoro subordinato (‘Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi’, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 gennaio scorso)”.
“Un principio inizialmente avversato dal Governo, che, dopo l’approvazione in Parlamento, è stato invece costretto ad applaudirlo, perché afferma il diritto al salario minimo garantito. Certo – ha sottolineato Rossi – con la legge dell’equo compenso non ci sarà posto per tutti. Ma la selezione è garanzia di qualità”.
“I giornalisti – ammonisce Giovanni Rossi – si devono unire per fare fronte comune, perché non esiste alcuna categoria al mondo che abbia ottenuto risultati senza metterci la faccia”.
Rossi ha, inoltre, sottolineato “l’importanza dell’azione ispettiva dell’Inpgi, senza la quale, in caso di chiusura dell’azienda, si rischia di perdere tutto. Insomma, nessuno di noi può sottrarsi alla responsabilità personale. E’ una sfida che si può vincere soltanto recuperando in qualità professionale, ovvero dotandoci di quegli strumenti culturali e tecnici indispensabili per lavorare la notizia. Ecco l’importanza della formazione continua e dell’introduzione dell’obbligatorietà della laurea”.
L’ultimo pensiero, il presidente della Fnsi lo ha rivolto alle imminenti elezioni per il rinnovo del consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dell’assemblea nazionale della Casagit: “Spero in una massiccia partecipazione al voto per eleggere una classe dirigente che si batta per la difesa delle condizioni di vita dei colleghi. Occorre unità tra gli organismi di categoria – ha ammonito Rossi – superando polemiche e divisioni, spesso strumentali”.

La sala

Ad aprire i lavori era stato Cosimo Bruno, che, dopo aver illustrato i contenuti del “ricongiungimento”, ovvero la possibilità per i pubblicisti di accedere all’esame di idoneità professione, ha sollecitato “la riforma dell’Ordine dei giornalisti che, a 50 anni dalla sua istituzione, si ritrova a fare i conti con una legge concepita in un’epoca ormai preistorica per il mondo dell’informazione.
La diffusione dei nuovi strumenti della comunicazione non consente più una vera selezione delle notizie che, purtroppo spesso, vengono immesse in rete senza una verifica da parte dei soggetti qualificati a farlo, appunto i giornalisti. Da qui – ha sottolineato Bruno – l’importanza della formazione obbligatoria, che dal 1° gennaio 2014 interesserà tutti i giornalisti, sempre più in balia di editori senza scrupoli e oggetto di querele facili e temerarie”.
Per il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri, “il sistema dell’informazione ha portato all’imbarbarimento del dibattito nella società civile” che impone, appunto, “una levata di scudi a difesa della professionalità del nostro lavoro”.
Al dibattito sono intervenuti anche i giornalisti Rossana Caccavo, che ha raccontato la sua drammatica esperienza del licenziamento, avvenuto una settimana dopo la sua elezione a fiduciario di redazione; Carmelo Idà, che, parlando del suo licenziamento, ha posto l’accento sul “grande senso di solitudine che spesso si avverte all’interno delle redazioni, quando addirittura non ci si ritrova isolati dai colleghi per aver rifiutato di firmare ‘cambiali in bianco’ ad esclusivo vantaggio degli editori”; Gino Campana, che ha sollevato la questione relativa all’uso negativo del termine “calabrese” associato all’attentatore di Palazzo Chigi.
Il presidente della Fnsi, Giovanni Rossi, condannando “il sistematico ricorso a termini non rilevanti ai fini della cronaca, per giunta banditi dai Codici e dalle Carte che regolano la professione”, ha ricordato che, a tal proposito, Gianni Riotta ha chiesto a chi continua a ripetere in cronaca “l’attentatore è un calabrese di…”, se direbbe anche “un marchigiano di…” o un “valdostano di…”?, sposando in pieno la tesi di Stefano Trasatti di “Redattore Sociale”, il quale ha evidenziato che “ci sono colleghi che hanno perso il senso delle regole della nostra professione”.

Lorenzo Del Boca: “Libertà dal bisogno e dall’ignoranza e nessuna tecnologia potrà fermare il giornalista”

Lorenzo Del Boca

Lorenzo Del Boca, commentando il “caso Caccavo” a Esperia TV, lo ha definito una “dimostrazione plastica e concreta di libertà delegata e intimidita. Un esempio di riscatto che, se riesce a contagiare la coscienza collettiva, infrangerà i timori e le paure che, spesso, inducono molti a non rivendicare i più elementari diritti, accettando situazioni di sopraffazione e sfruttamento”.
Nella culla della Magna Grecia, uno storico del calibro di Lorenzo del Boca non poteva non cogliere l’occasione per ribadire – come ha sempre fatto – il suo attaccamento alla Calabria e al Meridione. Non prima, però, di aver rivolto un pensiero affettuoso a Domenico Quirico, collega de “La Stampa” che interpreta la professione da terreni di testimonianza, di presenza sul campo.
“Io – ha detto Del Boca – posso comunque rivolgergli un pensiero affettuoso. Da altri mi attendo qualcosa in più”.
Quanto alla libertà di stampa, Del Boca ha parlato di “terreno sdrucciolevole”, ricordando che nella Magna Grecia la libertà consisteva nell’affidarsi al Fato. Concetto che Baruch Spinoza ha riassunto ne “L’uomo e l’illusione della libertà”: “L’uomo, per la sua stessa natura di essere limitato, non potrà mai aspirare alla pienezza della libertà (cioè a non essere condizionato da niente se non da se stesso nel proprio agire): la natura umana, infatti, è caratterizzata dagli ‘affetti’ e dalle ‘passioni’, che spesso ne determinano le scelte. Il condizionamento, quindi, fa parte dell’essenza dell’uomo, ma è possibile liberarsene con un uso corretto della ragione”.
Quattromila anni fa, insomma, “la libertà non era altro che l’ignoranza delle cause. Oggi – ha aggiunto Del Boca – dobbiamo fare i conti con una libertà sempre più stretta e più difficile da conquistare”.
Un ringraziamento, infine, il tre volte presidente dell’Ordine nazionale e della Fnsi lo ha voluto rivolgere “a Cosimo Bruno, che ha guidato il gruppo di lavoro che ha aggiornato la Carta di Treviso, estendendola alla radio, alla televisione e ad internet. I minori vanno protetti in tutto il mondo, per questo avevamo tentato di farla adottare dall’Onu”.
Dunque, “due sono le condizioni essenziali – ha chiosato Del Boca – per un giornalista: libertà dal bisogno e dall’ignoranza. Chi non sa, non è libero. Da qui la lotta aperta all’ignoranza nel giornalismo. Se sapremo gestire il nostro futuro, non ci sarà tecnologia capace di fermarci. Con buona pace di quanti sperano nella sua fine”.

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