Si tratta di E’ tv, Sette Gold e Tele Romagna. Le Fiamme gialle continuano a indagare sulle altre 51 emittenti dell’Emilia Romagna

Interviste a pagamento: solo 3 tv consegnano le fatture

BOLOGNA – Solo le tre televisioni di cui si era già parlato sui giornali – E’ tv, Sette Gold e Tele Romagna – hanno consegnato alla Guardia di finanza delle fatture relative alla partecipazione, a pagamento, di consiglieri regionali a trasmissioni televisive.
Tutte le altre 51, tra emittenti televisive e radiofoniche dell’Emilia-Romagna, hanno risposto alle Fiamme gialle che non hanno questo genere di programmi e che non hanno mai ospitato e intervistato dei consiglieri regionali dietro pagamenti.
Ora naturalmente la Guardia di finanza dovrà andare a controllare se è vero, così come dovrà verificare chi siano i consiglieri intervistati dalle tre tv finite nell’occhio del ciclone (oltre che degli inquirenti ora anche in quello dell’Ordine dei giornalisti, che ha avviato procedimenti disciplinari per quattro professionisti).
E, tra le prossime mosse, non è escluso che gli inquirenti decidano di andare al Corecom a prendere la copia delle trasmissioni “incriminate” (per controllare quanto detto da tv e radio), oppure che decidano di chiedere direttamente ai gruppi consiliari i nominativi dei consiglieri apparsi sullo schermo.
Nelle carte che ieri sono state portate alla Gdf dalle tv, infatti, non compaiono i nomi di consiglieri intervistati: le televisioni si sono limitate a citare i nomi delle trasmissioni dove sono avvenute le ospitate, ma nessuna delle tre ha individuato chi fossero gli ospiti. Nè in questo aiutano le fatture consegnate alla Finanza da E’ tv, Sette Gold e Tel Romagna, dal momento che risultano intestate ai gruppi consiliari (e non ai singoli).
Insomma, per chiarire se questa vicenda nasconda o meno delle irregolarità (sia sul fronte penale che su quello del danno erariale perseguito dalla Corte dei conti) serviranno altri accertamenti.
Le Fiamme gialle, per prima cosa, faranno una serie di verifiche incrociate tra le fatture ricevute dalle tre televisioni e i rendiconti dei gruppi che la settimana scorsa sono stati acquisiti all’Assemblea legislativa su mandato della Procura regionale della Corte dei conti. Questo per capire prima di tutto se sia vero che il fenomeno riguarda solo tre televisioni in tutta la regione, in secondo luogo per accertare se i consiglieri apparsi in tv siano solo gli otto di cui sono già usciti i nominativi (Andrea Defranceschi, Giovanni Favia, Manes Bernardini, Mauro Manfredini, Galeazzo Bignami, Silvia Noè, Gian Guido Naldi e Roberto Sconciaforni), ribaditi tra l’altro alle Fiamme gialle anche dall’ex conduttore Dalio Pattacini che nei giorni scorsi e’ stato ascoltato come testimone.
Una successiva verifica potrebbe essere fatta andando a “ripescare” e visionare tutte le trasmissioni in questione: gli inquirenti potrebbero andare a chiederne una copia al Corecom. Le tv, infatti, conservano le registrazioni solo per tre mesi, ma il Corecom ha un archivio completo e permanente.
Infine, un altro passaggio dell’inchiesta della Procura, finalizzata a chiarire se le apparizioni in tv fossero tutte concordate e “approvate” dal gruppo (o se piuttosto qualcuno non abbia contrattato la propria apparizione a titolo personale facendosi poi “spesare” successivamente dal gruppo), potrebbe essere quello di chiedere direttamente ai gruppi consiliari i nominativi dei consiglieri andati in televisione.
Della vicenda delle interviste a pagamento hanno parlato questa mattina anche i capigruppo dell’Assemblea regionale, al termine della consueta riunione settimanale. Gli esponenti dei partiti in Regione si sono di nuovo confrontati dopo la visita della settimana scorsa della Finanza (che in viale Aldo Moro non è ancora tornata).
Il capogruppo Pd, Marco Monari, ha voluto fare il punto, soprattutto rispetto all’inchiesta per peculato avviata dalla Procura di Bologna. La posizione emersa dalla riunione è la stessa presa dai capigruppo la settimana scorsa, al termine di un vertice straordinario in cui ribadivano che la presenza (a pagamento) dei consiglieri regionali in trasmissioni tv era del tutto regolare, scaricando di fatto le responsabilità sulle emittenti.
Per quanto tutto nella norma, però, tra i capigruppo e i consiglieri regionali rimane la preoccupazione per l’inchiesta della Procura. Per il momento, comunque, i contratti tra i gruppi consiliari e le emittenti restano sospesi, almeno quelli che sarebbero ancora in corso (come quello stipulato da Sel, valido fino a fine anno).
Alla fine, comunque, tutte le forze politiche in Regione dovrebbero interrompere o non rinnovare i contratti con le emittenti, anche se qualche qualche partito (in viale Aldo Moro si fanno i nomi di Lega nord e Sel) avrebbe pensato in un primo momento di mantenere in piedi gli accordi con le tv.
Ci saranno accertamenti anche sulla delibera dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea legislativa dell’Emilia- Romagna, che a gennaio scorso ha approvato le modalità di rendicontazione delle spese dei gruppi consiliari in cui compaiono come permesse anche le eventuali spese per “servizi televisivi” all’interno della voce “pubblicazioni”.
A chiederli alla Guardia di finanza, che potrebbe anche ascoltare qualcuno della Regione sul punto, è stata la Procura della Corte dei conti dell’Emilia-Romagna, nell’ambito dell’inchiesta sulle interviste a pagamento rilasciate da alcuni consiglieri regionali ad alcune emittenti tv.
I pm contabili, che hanno aperto un’istruttoria per capire se il pagamento di queste “comparsate” possa costituire un danno erariale alle casse di viale Aldo Moro, vogliono infatti capire come sia nata la delibera votata nel gennaio scorso e soprattutto da cosa fosse stata preceduta.
Ci sono diversi interrogativi a cui si cerca risposta: come si svolgeva la rendicontazione prima dell’uscita di quella delibera (che è attuativa della legge regionale del ‘97 sul funzionamento dei gruppi consiliari)? Ce n’era una precedente? Se no, come sono stati scelti i modelli di rendicontazione dei gruppi? Modelli nei quali, appunto, si prevede che possano essere rendicontate spese per “servizi televisivi” all’interno della voce di spesa “pubblicazioni” (che prevede possibili uscite anche per il “giornalino del gruppo” o “articoli su giornali”).
In Procura contabile si vuole capire meglio la “storia” di queste regole di rendicontazione: è una prassi “storica” consolidata o la rendicontazione da gennaio è cambiata? E nel caso, perché? Ci deve lavorare la Gdf, studiando le carte ma se necessario anche chiedendo in Regione ai diretti interessati. (Dire)

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