Fuori “via fax” Francesco Pirillo e Claudio Labate. La Fnsi: “Una macchia pesante per il mondo dell’informazione”

Calabria Ora: licenziati per il “no” al contratto capestro

Francesco Pirillo

Franco Siddi

Claudio Labate

REGGIO CALABRIA – Licenziati in tronco dal quotidiano “Calabria Ora” per non aver accettato un sospetto “cambio di proprietà” che imponeva loro la retrocessione della qualifica professionale, la trasformazione del contratto da tempo indeterminato a tempo determinato, la rinuncia ad importanti diritti previsti dal contratto nazionale di lavoro giornalistico, nonché alle previste tutele in materia di disciplina contrattuale.
Il caposervizio Francesco Pirillo ed il vice caposervizio Claudio Labate (componente del comitato di redazione) oggi si sono visti recapitare “via fax” una “comunicazione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo”, firmata dall’“amministratore unico della Paese Sera Editoriale srl, Tommaso Funari”, il quale sostiene, “come più volte anticipatole nei mesi scorsi”, che “dal 1 aprile la società non editerà più il quotidiano Calabria Ora a causa della crisi finanziaria che ha comportato la conseguente cessazione dell’attività. Pertanto, a far data dal 31 marzo 2012 il rapporto di lavoro in essere è da intendersi risolto”. “Peccato – affermano i giornalisti – che questo Tommaso Funari non l’abbiamo mai visto”.
A presentarsi ieri nelle redazioni distaccate di Reggio Calabria, Palmi e Siderno e oggi in quella centrale di Rende, passando per le altre di Catanzaro, Vibo Valentia, Rossano, Paola è stato, infatti, il “consulente di Paese Sera srl”, Diego Agapito, che, dopo aver consegnato le buste paga di febbraio, ha sottoposto alla firma dei giornalisti una lettera di dimissioni dall’attuale società, un “contratto di assunzione individuale” da parte di una nuova società denominata “Gruppo Editoriale C. & C. srl”, presieduta da Alfredo Citrigno, figlio dell’ex editore Piero Citrigno, e un “accordo in deroga al c.c.n.l. giornalisti” contenente clausole capestro e assolutamente illegittime quali il “consenso ai trasferimenti senza necessità che venga informato ed espresso il parere del Comitato di redazione dell’assemblea dei giornalisti”.
Un vero e proprio blitz che, alla vigilia del “passaggio societario”, ha colto di sorpresa molti giornalisti che, ritenendo che il contenuto dell’accordo rispecchiasse quello discusso con il comitato di redazione, hanno firmato in buona fede, salvo poi accorgersi delle “sorprese in esso contenute” e della decisione da parte dell’azienda di scaricare alcuni di loro.
Immediata la reazione dei 16 giornalisti delle redazioni di Reggio Calabria, Palmi e Siderno: nell’evidenziare che “le modalità con le quali sono stati sottoposti i nuovi contratti di lavoro non hanno reso possibile una conoscenza adeguata sulle rinunce e sulle condizioni in cui si troverà ad operare la redazione”, ritengono “indispensabile conoscere le motivazioni che hanno portato al mutamento dei contratti a termine per tre colleghi (Claudio Labate, Franco Cufari e Laura Sidari) di una redazione che, di fatto, viene smantellata”.
“Scelte che, peraltro, appaiono del tutto in contrasto con la preannunciata politica di rilancio del giornale, oltre che punitive rispetto ai singoli”. Pertanto, le redazioni del Reggino comunicano di “ritenere come non apposte le firme alle lettere di dimissioni e ai contestuali nuovi contratti”.
Dal canto suo, Claudio Labate ricorda che “in base agli accordi pregressi, la garanzia del passaggio a nuova società nelle medesime condizioni contrattuali rappresentava il punto cardine dell’accettazione, da parte dell’assemblea generale dei giornalisti, della nuova operazione proposta dalla Paese Sera srl”. Inoltre, Labate  evidenzia che “insieme alla proposta di contratto è stata presentata la rescissione consensuale (tra le formule…«nulla a pretendere»), ma senza l’indicazione relativa al pagamento delle spettanze maturate con Paese Sera srl e sempre secondo gli impegni assunti dalla compagine editoriale; e l’accettazione di un «accordo in deroga al Cnlg» che non ha alcun valore senza la firma del sindacato o del comitato di redazione”.
Rabbia e amarezza vengono espresse da Pietro Comito, giornalista più volte oggetto di intimidazioni da parte della ‘ndrangheta, che il 28 febbraio scorso è stato licenziato, con le stesse motivazioni addotte per Labate e Pirillo, da caposervizio di “Calabria Ora” con compito di coordinamento delle redazioni di Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo Valentia, Gioia Tauro e Siderno.
“Un mese fa – afferma Pietro Comito – ho consegnato la mia testa all’editore e al direttore nella speranza che, eliminato il sottoscritto, si sarebbero salvati i posti di lavoro dei miei colleghi. Oggi mi accorgo che, purtroppo, mi sbagliavo. Ho subìto umiliazioni personali e professionali per non essermi allineato ad una gestione editoriale in aperto conflitto con la mia coscienza. Quanto avvenuto ai colleghi di Calabria Ora è qualcosa di ignobile della quale, a causa della sua colpevole inerzia, deve rispondere in prima persona il direttore Piero Sansonetti, che non può addurre, come avvenuto anche per il collega Lucio Musolino, il fatto che i licenziamenti siano stati disposti dall’editore”.
Della vicenda, ieri sera, è stato investito il Sindacato Giornalisti della Calabria, che ha immediatamente attivato l’Ufficio Legale, già al lavoro per contestare gli illegittimi licenziamenti e l’intera operazione che non tiene conto del rispetto delle più elementari relazioni sindacali. Il segretario regionale Carlo Parisi, componente della Giunta Esecutiva Fnsi, ha ammonito che “alcun contratto in deroga può essere autorizzato senza il parere del Sindacato dei giornalisti o del Comitato di redazione”.
“In buona sostanza – spiega Parisi – se l’Assemblea dei giornalisti è disposta ad ulteriori sacrifici e rinunce, deve poterlo fare consapevolmente, godendo delle tutele e delle garanzie più assolute. E’ compito e obbligo del Cdr assistere tutti i colleghi in questa delicata fase, sospendendo l’operazione in corso, che merita una seria e approfondita analisi. La sottoscrizione di ogni atto, infatti, non può prescindere da un preventivo incontro con il Comitato di redazione che deve pretendere e ottenere la massima trasparenza su tutta l’operazione”.
Oggi l’intera vicenda è stata sottoposta all’attenzione della Federazione Nazionale della Stampa che, in un documento sottoscritto dal segretario generale, Franco Siddi, e dal componente della Giunta  Esecutiva, Carlo Parisi, giudica “gravissimo e illegittimo il comportamento dell’editore di Calabria Ora, che ha licenziato in tronco due giornalisti che hanno rifiutato un sospetto cambio di proprietà che voleva obbligarli a pesanti rinunce e imponeva come condizione la retrocessione di qualifica, nonché la rinuncia ad attivare la disciplina contrattuale per altre controversie”.
“Un’imposizione – a giudizio del sindacato – inaudita e fuori dalla legge, che respingiamo con fermezza e sulla quale chiediamo vengano aperte le dovute indagini da tutte le autorità competenti. In presenza di atti di questo genere l’azione di legalità da parte di tutti deve essere chiara, evidente e immediata”.
“Diversi giornalisti – evidenziano Siddi e Parisi – per paura e per bisogno hanno, invece, accettato le condizioni capestro dell’editore, ma nessuna accettazione in condizione di tale costrizione può sanare le palesi illegittimità perpetrate a carico di singoli e, di fatto, di un collettivo redazionale calpestato nelle dignità fondamentali del proprio lavoro”. “La nostra – denuncia la Fnsi – è una protesta che richiede l’attenzione di tutte le forze sensibili e attente ai principi di legalità, di lealtà e di libero esercizio dell’informazione. E’ un allarme gravissimo. E una macchia pesante per il mondo dell’informazione e, purtrtoppo, una vicenda che pesa sull’immagine di una regione che non merita di subire scorrerie e angherie di questo tipo”.
La Federazione Nazionale della Stampa “valuterà nelle prossime ore, oltre alle doverose azioni di tutela, in sede di giustizia del lavoro, tutti i profili di oscurità che si celano dietro questa vicenda”.
“Il caso «Calabria Ora», insomma – concludono Franco Siddi e Carlo Parisi – conferma, quasi ce ne fosse bisogno, che in materia di «licenziamenti facili» c’è ancora molto da discutere, ma soprattutto da correggere”.

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