La tesi riproposta in un libro dalla giornalista svedese Elisabeth Sbrink. E Israele pensa al boicottaggio

Si allunga l’ombra nazista sul “signor Ikea”

ROMA (Rainews24) – L’ombra sinistra di giovanili simpatie naziste – e forse nemmeno soltanto giovanili – torna ad addensarsi sul passato del “signor Ikea”: all’anagrafe Ingvar Kamprad, 86 anni compiuti, fondatore e ricchissimo proprietario della catena d’ipermercati di arredamento e oggettistica a basso costo che dalla Svezia ha conquistato in questi decenni il mondo.
A riproporre la controversia, in termini assai piu’ imbarazzanti di quanto non si fosse sospettato finora, è un libro fresco di stampa dalla giornalista svedese Elisabeth Sbrink, le cui rivelazioni sono rimbalzate ieri, con evidenza, sui media d’Israele: Paese in cui Ikea è sbarcata relativamente tardi, conquistando a spron battuto solida e diffusa popolarità, ma in cui ora cominciano a serpeggiare ipotesi di boicottaggio da parte dei consumatori.
Collocato da Forbes nella lista dei nababbi più facoltosi del pianeta – con una fortuna personale stimata nel 2011 in oltre 6 miliardi di dollari, stabilimenti esclusi – Kamprad era già finito nell’occhio del ciclone nel 1994, sulla base di documenti che ne testimoniavano la militanza a inizio anni ’40 nel partito d’estrema destra Nysvenska Roerelsen (New Swedish Movement).
Allora gli era riuscito di far liquidare la cosa come “una sbandata adolescenziale”.
Un fugace errore di gioventù, insomma. Il volume di Elisabeth Sbrink racconta, però, adesso una storia alquanto diversa.
Concepito come una biografia di Otto Ullman – ebreo viennese riparato in Svezia che trovò asilo da ragazzo presso la famiglia Kamprad – l’opera rivela intrecci profondi e inconfessabili fra il creatore dell’impero Ikea e l’ideologia che fu alla base della II guerra mondiale e dello sterminio di 6 milioni di ebrei. Sbrink non nega il legame d’amicizia coltivato da Ingvar fin dall’infanzia con Ullman, destinato poi a diventare suo braccio destro nell’avventura imprenditoriale.
Ma nota come questo non cancelli le compromissioni politiche di Kamprad. Il libro sostiene che l’adesione al New Swedish Movement di Per Engdahl – segnalata nel 1943 in un rapporto della polizia svedese in cui il miliardario in erba, allora diciassettenne, viene indicato in veste di simpatizzante del nazismo – non fu tanto effimera.
E porta alla luce episodi che dimostrano il protrarsi della frequentazione con Engdahl (ospite al matrimonio di Kamprad nel 1950) fino e oltre il decennio successivo: ben dopo la nascita d’Ikea e in anni in cui la piena consapevolezza dell’orrore della Shoah non poteva più essere in alcun modo sfumata.
Non solo; Sbrink svela pure il contenuto d’una lettera degli anni ‘50 in cui Kamprad si dichiara “fiero” d’aver fatto comunella con il New Swedish Movement. Un partito che – osserva scandalizzata l’autrice – non fu “solo” fascista (come affermato a parziale discolpa di se’ da ‘mister Ikea’), ma propriamente filo-nazista: tanto da inneggiare negli anni ‘40 ad Adolf Hitler come al “salvatore d’Europa” o additare gli ebrei quale “elemento alieno alla civiltà occidentale”.
Slogan tratti dai comizi di quel Engdhal nei confronti della cui memoria, ancora nel 2010, il vecchio Ingvar Kamprad si riferiva, del resto, così: “Dite ciò che volete, ma per me Per Enghdal fu un grand’uomo. E lo ripeterò finchè campo”.

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