Le sei frequenze scovate dall’Agcom vanno messe all’asta per ricavare tre-quattro milioni di euro

TV: il tesoro che il Governo vorrebbe regalare

Alberto Lo Sacco

Antonio Di Pietro

ROMA – “Tra due giorni la manovra arriverà al Senato e si vedrà lì, in Parlamento, se il governo è davvero disposto ad accogliere i suggerimenti dell’opposizione e a modificarla rendendola meno iniqua e più efficace. Sarebbe la prima volta nella storia di questo governo, ma non è mai troppo tardi”. Ad affermarlo è il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, che sul suo blog sottolinea che “sul fatto che la manovra sia necessaria per iniziare almeno a rimettere in sesto i conti dello Stato, non ci piove. Ma non è affatto vero che debbano per forza pagare quelli che pagano sempre”.
“L’ingiustizia della manovra, così come l’ha pensata il governo – sottolinea Di Pietro – dipende dal fatto che l’esecutivo non vuole toccare privilegi e interessi dei potenti e così non gli resta che far tirare la carretta al solito somaro: i cittadini onesti che lavorano”.
Per fare un esempio, Di Pietro riprende la denuncia comparsa proprio oggi sul quotidiano la Repubblica: “Devono essere assegnate sei nuove frequenze televisive, cinque per il digitale terrestre e l’ultima per le tv che si vedono sui telefonini o sugli Ipad. Le frequenze – ricorda il leader dell’Idv – sono un bene pubblico, una proprietà collettiva che in passato è stata troppo spesso regalata o svenduta ad amici e amici degli amici e Berlusconi ne sa qualcosa, per il grazioso dono ricevuto dal suo compagno di merende Craxi. Era uno scandalo già in passato, lo diventerebbe ancora di più oggi che i cittadini devono dissanguarsi per rimettere a posto i conti dello Stato”.
“Quelle frequenze – secondo Di Pietro – devono essere messe all’asta e gli incassi devono essere scalati dalla manovra in sostituzione dei tagli agli enti locali, cioè, in soldoni, ai servizi per i cittadini, alla sanità, all’istruzione, ai trasporti pubblici. Il governo pensa, invece, di regalare quelle frequenze, indovinate un po’ a chi? A chi ha «i requisiti adatti», cioè alla Rai e a Mediaset, l’azienda del presidente del Consiglio. Questa ennesima ingiustizia che, come al solito, va a tutto vantaggio di Silvio Berlusconi, non può e non deve essere tollerata. In Parlamento l’Italia dei Valori, spero insieme a tutta l’opposizione, proporrà un emendamento alla manovra perché quelle frequenze siano messe all’asta. E chi non lo voterà non speri di farla franca in silenzio: dovrà assumersene la responsabilità di fronte a quegli stessi cittadini a cui chiede impunemente nuovi sacrifici”.
Dal canto suo, il deputato Pd Alberto Lo Sacco afferma che “le sei nuove frequenze televisive nazionali scovate dall’Autorità per le Comunicazioni sono un vero tesoretto che sarebbe criminale sprecare o meglio regalare come è in procinto di fare il governo”, sottolineando che “bene ha fatto a lanciare l’allarme il collega Vincenzo Vita, che ha evidenziato come con una possibile e doverosa asta si potrebbero ricavare tra i tre e quattro miliardi di euro”.
“Una risorsa – evidenzia Lo Sacco – insperata: proprio quando il governo chiede agli italiani sacrifici enormi sarebbe assurdo ignorare soluzioni in grado di attenuarli. Si tratterebbe di un segnale importante sulla salute morale del governo e sulle reali intenzioni nell’intervenire su quelle porzioni di patrimonio statale del tutto improduttivo. Vedremo se quei pezzi di maggioranza che credono nella necessità di migliorare la manovra, senza far pagare i soliti tartassati e soprattutto senza continuare a fare enormi ed immotivati regali ai soliti noti, si uniranno a questa battaglia”.
“Speriamo che questa volta – conclude il parlamentare Pd – in presenza di una crisi che sta mettendo sul lastrico milioni di italiani, nel governo l’interesse nazionale prevalga su quelli particolari che da troppi anni ingessano il nostro sistema televisivo e il conflitto di interessi non vanifichi il ritrovamento di questo insperato tesoro.

 E’ una battaglia di libertà e giustizia a cui sono certo aderirà anche il popolo della rete, per difendere ciò che è giusto per il paese e per il sistema dell’informazione”.

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