Se il Senato non ridarà dignità alla riforma della professione, al via una proposta di legge di iniziativa popolare

Pubblicisti: meglio da soli che in un Ordine patrigno

Ezio Ercole

TORINO – L’approvazione in sede deliberante, da parte della VII Commissione della Camera dei deputati, della parziale riforma della legge 3 febbraio 1963 n. 69 sull’ordinamento della professione giornalistica, ha ulteriormente confermato la differenza tra paese legale e paese reale.
Una categoria, nello specifico e incidentalmente, i giornalisti, che licenziano proposte di rinnovo legislativo dei propri fondamentali, accolti all’unanimità nei consigli nazionali di Positano del 2010 ed a Roma a fine anni ’90, in una doppia versione (cosiddetta A e B) e  che non vengono assolutamente tenuti in conto dal nostro legislatore.
Legislatore che sicuramente vaglia, studia, propone e legifera in scienza e coscienza, nella consapevolezza di espletare un compito senza vincolo di mandato, e nel contempo raccoglitore di suggestioni, consigli, atmosfere che trovano il loro condensato in questa legge che, benedicendo ancora una volta la lungimiranza dei nostri padri costituzionali, avrà un secondo vaglio dal Senato prima di entrare in vigore.
Naturalmente da ora seguiremo in prima persona l’iter, confortati da gesti di buona volontà di componenti della VII Commissione camerale  ed i loro omologhi del Senato, per una più equa disanima degli istituti, come ad esempio il Giurì, che ci farebbe uscire dalle secche di una logica autoreferenziale, alla rappresentanza dei referenti nei consigli regionali e nazionali in proporzione agli iscritti, senza mortificazioni né per i professionisti, né per i pubblicisti.
Ma accanto a questa azione di affiancamento e consiglio al legislatore, pare giunto il momento “storico” di utilizzare quegli strumenti che la Costituzione garantisce ai cittadini, e quindi anche al cittadino-giornalista.
Ci rendiamo promotori di una raccolta di firme per una proposta di legge popolare, a norma dell’articolo 71 della nostra Carta fondamentale, che al secondo comma prevede che “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.
Quale migliore soluzione, trasparente, alla luce del sole, dove i proponenti, alcuni esperti in materie giuridiche e nel contempo giornalisti a tutto tondo, elaborano un articolato che rappresenti le vere esigenze dei giornalisti italiani e soprattutto dei loro referenti, i cittadini-lettori.
Imprescindibile l’appoggio concreto dei 75mila iscritti nell’elenco pubblicisti nell’unico, per ora, albo dei giornalisti. Una proposta di legge che esiga un aggiornamento della professione, in sinergia con il Cnel, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e tutti quei segmenti della società civile che ritengono strategico il ruolo del giornalismo.
Utilizzando per la prima volta, quindi, un istituto per la formazione delle leggi, che non sia mediato da passaggi intermedi. Insieme a tutti coloro che vorranno intraprendere questa strada di libertà e democrazia, forse riusciremo a raggiungere l’obiettivo di una legge che rappresenti realmente le aspettative e le necessità del sempre più variegato arcipelago degli operatori dell’informazione italiani.

Ezio Ercole
Consigliere nazionale Fnsi
Vice Presidente Ordine dei giornalisti del Piemonte

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